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Marco RagoneseWritten by: Città e Territorio

Trieste: il Porto vecchio ora punta sul verde

Trieste: il Porto vecchio ora punta sul verde

Con il Parco lineare di Atelier(s) Alfonso Femia la città cerca di recuperare il tempo perduto su un’area strategica che langue da tempo

 

TRIESTE. Dopo decenni di discussioni e progetti, sembra sia arrivato il momento per dare l’avvio al recupero complessivo del Porto vecchio.

Nelle puntate precedenti – quando nel 2016 l’Advisor Ernst&Young fu incaricato di redigere le linee guida per il Piano strategico; e quando nel 2020 fu presentato il progetto del Museo del mare di Vazquez Consuegra – appariva chiaro che le amministrazioni comunali che si sono susseguite volessero intraprendere, con gradazioni diverse, la strada di un pragmatismo capace di conseguire nel medio periodo risultati tangibili, svincolati da visioni d’insieme troppo onerose e impegnative.

 

Azioni distinte per due ambiti: l’Asse monumentale e il Parco lineare

Il PNRR ha dato la possibilità di accelerare in questa direzione, fornendo i fondi per il ridisegno degli spazi aperti dell’ex area portuale asburgica. Il Comune, con a capo l’ingegner Giulio Bernetti, vero deus ex machina dell’operazione, ha diviso in “temi” l’azione progettuale, ovvero la redazione degli studi di fattibilità tecnico-economica propedeutici agli appalti integrati: il cosiddetto Asse monumentale da progettare in house e il Parco lineare da affidare a una figura di chiara fama con incarico diretto.

Il primo riguarda il lungo tratto fronte mare su cui prospetta la prima fila di magazzini, per il quale sono stanziati 19 milioni; il secondo, lo spazio compreso tra i grandi edifici portuali che si sviluppa a partire dal centro urbano fino al terrapieno di Barcola, per cui sono previsti 21 milioni. Per entrambi gli ambiti i progettisti, comunali e incaricati, avrebbero dovuto seguire le linee guida redatte da Andreas Kipar e presentate a fine 2021.

 

Il Parco lineare, un progetto condiviso dai tempi stretti…

A marzo di quest’anno, l’incarico è stato affidato all’Atelier(s) Alfonso Femia che si è avvalso della collaborazione del paesaggista Michelangelo Pugliese e dell’appoggio locale dell’architetto Giovanni Damiani, con cui aveva già lavorato per il concorso del Museo del mare. Visti i tempi strettissimi – la proposta doveva essere pronta per giugno affinché si potesse indire la gara d’appalto – il Comune ha invitato tutti gli ordini professionali a partecipare a un tavolo tecnico in cui raccogliere temi e suggestioni da sottoporre ai progettisti affinché si evitassero passi falsi, fraintendimenti o soluzioni non praticabili. Ingegneri, architetti, geometri e periti locali, nelle varie riunioni con cadenza quindicinale, hanno fornito spunti di riflessione (relativi all’attacco a terra degli edifici, alle condizioni della stratigrafia delle pavimentazioni, ecc.) e indicato alcune criticità anche a lunga scadenza (gestione e manutenzione dell’enorme estensione vegetale), cercando di essere propositivi verso un obiettivo importante per la città. Il risultato, presentato da Femia il 13 settembre, è un parco in cui i temi “classici” dell’acqua, del verde e del suolo vengono combinati generando una nuova geografia artificiale, caratterizzata dalla naturalità, in cui s’inserisce un altro intervento, finanziato con fondi PNRR e fortemente inviso da una parte di cittadinanza: l’ovovia, che, dopo aver attraversato il Porto vecchio, dovrebbe raggiungere l’altura carsica triestina.

 

… e le intersezioni con l’ovovia della discordia

Il progetto di quest’ultima, presentato a Bruxelles direttamente dal Ministero delle infrastrutture, ha un plafond di spesa di 50 milioni ed è diviso, anch’esso, in due: parte infrastrutturale e stazioni. Lo studio di fattibilità delle seconde è stato affidato, sempre a marzo di quest’anno e sempre direttamente, a Massimiliano Fuksas che ha presentato la proposta a giugno. Al di là della proposta formale – sezioni esagonali in acciaio sfalsate, dalle cromie accese – rimane il dubbio sulla sostenibilità economica (nonché ambientale) dell’opera, di cui il Comune è solo attuatore per conto del Ministero. Un comitato cittadino ha già lanciato una petizione, indetto manifestazioni di protesta, interrogato la Soprintendenza nell’auspicio – non realizzabile, visto che il finanziamento è collegato a quella specifica opera – che l’infrastruttura non venga realizzata e i fondi indirizzati verso nuove politiche di mobilità.

 

Quali funzioni per gli edifici?

Rimane ancora da decidere quali funzioni avranno i tanti edifici del Porto vecchio – a esclusione di quelli già recuperati o in fase di ristrutturazione – che si troveranno “accerchiati” dal nuovo parco. Per la gestione di questo enorme patrimonio edilizio è stato costituito ad hoc il consorzio URSUS (Urban Sustainable System, partecipato da Regione, Comune e Autorità portuale) che, presieduto dal già citato Bernetti, ha deliberato a ottobre 2021 un accordo con l’Agenzia delle Entrate per la valutazione di tutti gli immobili del comparto.

Quale sarà la strada, residenziale, istruzione, direzionale, misto, rimane ancora poco chiaro. Forse anche a causa della mancanza, di fatto, di un assessore all’urbanistica che indichi una direzione precisa. Infatti, la delega spetta all’onorevole Sandra Savino che, in quanto deputata (ora non rieletta), non era mai in città e, soprattutto, non si è mai occupata di urbanistica.

 

Intanto, sulle altre rive cittadine…

In questo scenario di grandi accelerazioni, al limite del parossismo, si aggiunge la proposta di riconversione del Salone degli incanti (ex pescheria), edificio novecentesco sulle rive cittadine, in spazio ludico-turistico-informativo. Finanziata dalla Fondazione CRT, la progettazione preliminare è stata affidata a Marco Casamonti il quale, per lo stesso committente, ha già realizzato la conversione dell’adiacente Magazzino vini in centro congressi, oggi sede di Eataly.

Dal tradizionale no se pol che frenava qualsiasi intervento urbano, sembra che Trieste abbia voglia di recuperare il tempo perso in maniera quasi vorace. Chissà se riuscirà a evitare i tradizionali malanni di una trasformazione troppo repentina.

Immagine di copertina: ©AF517&Diorama V6

 

Autore

  • Marco Ragonese

    Nato nel 1974 a Palermo, si laurea in architettura e consegue un dottorato di ricerca presso l'Università di Trieste. Svolge attività professionale e di ricerca tra la Sicilia e il Friuli Venezia Giulia. Dal 2008 ha insegnato progettazione architettonica presso le università di Trieste, Milano e Udine, e presso lo IUSVE di Venezia. Dal 2005 ha fondato CFCstudio, conseguendo premi e menzioni in numerosi concorsi di progettazione. È consigliere dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Trieste.

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Last modified: 7 Ottobre 2022