Il manifesto programmatico del principe Mohammed bin Salman porta l’Arabia Saudita al centro del dibattito architettonico, in attesa della prova dei fatti
Negli ultimi anni abbiamo osservato un crescente interesse dei mass media per quello che succede in Arabia Saudita, destato dai cambiamenti che recentemente hanno attraversato il paese. Nel 2015 avviene il cambio di reggenze per la scomparsa di King Abdullah bin Abdulaziz Al Saud e l’ascesa al trono con il titolo di Custodian of the Two Holy Mosques di Salman bin Abdulaziz Al Saud. A fianco del re compare sin da subito una figura chiave per comprendere le politiche di sviluppo che hanno cambiato il volto e le prospettive del regno negli ultimi sette anni: il principe Mohammed bin Salman Al Saud (denominato MBS), all’epoca poco più che trentenne. Per la prima volta nella storia della dinastia Saud la linea diretta dei fratelli del re si è esaurita e l’erede al trono prescelto fa parte della nuova generazione dei nipoti del fondatore, sebbene non sia il primogenito del re. Base della rivoluzione socio-economica è il documento noto come Saudi Vision 2030, che ha come obiettivi prioritari quelli di diversificare l’economia saudita e liberarla della schiavitù del greggio.
Anche re Abdullah aveva patrocinato una serie di progetti visionari come la nuova rete metropolitana di Riyadh, costituita da 6 linee, il King Abdullah Financial District (KAFD), cuore finanziario della capitale che avrebbe dovuto stabilire il primato finanziario del regno nel Golfo Arabo, la Princess Nourah bint Abdulrahman University, la più grande università femminile al mondo. Quello che il principe Mohammed bin Salman Al Saud è stato capace di fare è formalizzare la sua visione del regno in un manifesto programmatico.
La Saudi Vision 2030 e i suoi 4 giga progetti
Il braccio esecutivo della Saudi Vision 2030 è il Public Investment Fund (PIF), che programma investimenti nazionali e internazionali. Sotto questo ombrello ci sono quattro giga projects che, unici a livello globale, forniranno al paese un’alternativa ai profitti del petrolio, basati su una larga scala d’intervento e l’ambizione di definire ecosistemi autonomi con un significativo ritorno in termini economico-sociali.
Il primo progetto è denominato Rosh e si configura come un piano di edilizia residenziale pensato per rispondere alla crescente domanda di abitazioni della classe media nei centri urbani in via di sviluppo. Va detto che il 65% della popolazione saudita ha meno di 35 anni; ciò significa che il paese sarà sottoposto ad una crescente pressione demografica.
Il secondo è noto come la futura capitale dell’intrattenimento, sport e arti, Qiddiya, situata a circa 70 km dall’aeroporto internazionale King Khalid e circa 45 da Riyadh. La gigantesca città dei divertimenti avrà un’estensione di 367 kmq e sarà organizzata a partire da un masterplan elaborato da Bjarke Ingels Group. L’accesso avverrà con mezzi privati o tramite la metropolitana, che intende assicurare il collegamento rapido con la capitale Riyadh. Al suo interno ci si muoverà a piedi attraverso corridoi verdi che penetrano il tessuto in profondità toccando le principali funzioni tra cui: parchi tematici, negozi, cinema, ristoranti, teatri, moschea, centro direzionale, stadio, campi da golf, piste automobilistiche, centri espositivi e centri artistici polifunzionali.
Il terzo è il Red Sea Project, che comprende più di 90 isole nel Mar Rosso e si estende per circa 28.000 kmq. L’area si localizza nella provincia di Tabuk tra Umluj e Al-Wajh e ambisce a diventare meta primaria di un ecoturismo di lusso. I resort saranno serviti da un aeroporto internazionale che assicurerebbe all’80% della popolazione mondiale di raggiungere il sito in sole 8 ore di volo.
Neom e The Line
L’ultimo progetto, il più ambizioso, è Neom. L’area destinata all’intervento, attualmente quasi disabitata, ha un’estensione pari circa alla superficie del Belgio e pertanto, più che di una città di fondazione, dovremmo parlare di uno stato nello stato, localizzato a nord-ovest, direttamente confinante con il Golfo di Aqaba e il Mar Rosso. L’intervento sarà diviso in tre macrosettori: Trojena, corrispondente alla zona montuosa; l’area industriale Exagon; l’insediamento urbano con organizzazione lineare The Line.
Non è la prima volta che i progettisti si misurano con il modello della città lineare negli ultimi due secoli: la proposta teorica elaborata da Arturo Soria y Mata a fine Ottocento è stata ripresa da Le Corbusier negli anni trenta del Novecento per il piano di Algeri e a cavallo degli anni settanta dal gruppo Superstudio con il progetto utopico del “Monumento continuo”. Quest’ultimo si poneva in realtà come critica al fare architettura, attraversando indifferente le megalopoli e i paesaggi incontaminati e mantenendo la sua assoluta neutralità. Insomma, un manifesto alla distopia.
La lista potrebbe andare avanti con i progetti di Michael Graves e Peter Eisenman oppure di Rem Koolhaas ma, visti questi precedenti architettonici, che cosa ci sarebbe di nuovo nel progetto di The Line? Neom ha l’ambizione di superare la dicotomia uomo-natura e limitare l’ingombro a terra del costruito in soli 34 kmq. Le comunità all’interno di The Line sono organizzate in tre dimensioni per cui i residenti hanno accesso ai servizi di prima necessità entro una distanza a piedi di cinque minuti. Le infrastrutture di trasporto consentono di muoversi da un capo all’altro in venti minuti senza l’utilizzo dell’auto privata, con obiettivo emissioni zero. The Line sarà alta 500 metri, profonda 200 e lunga 170. La megastruttura correrà parallela alla costa con un’elegante facciata di specchi. La città sarà completamente automatizzata in termini di sistemi e servizi, con tutti i vantaggi di una smart city.
La cultura architettonica mondiale ha mostrato interesse e dubbi sulla riuscita di un tale progetto. La critica si è particolarmente concentrata su due argomentazioni che riguardano la sostenibilità dell’intervento: in primis la facciata riflettente minerà la sopravvivenza dei volatili locali; inoltre le emissioni di carbonio per una così alta densità di popolazione su una superficie così ridotta potrebbero stravolgere l’equilibrio dell’ecosistema circostante.
Il progetto viene promosso in queste settimane all’interno del regno tramite la mostra itinerante “The Line”, che farà tappa nelle città più importanti. Il responsabile del settore Urban Planning, Tarek Qaddumi, risponde alle critiche introducendo le tre nozioni alla base di una nuova idea di urbanesimo: lo Zero Gravity Urbanism, che significa superare la dipendenza della progettazione urbana dalla disponibilità di suolo a terra e generare nuovi piani paralleli al suolo da poter colonizzare; l’Hyper proximity, cioè una vicinanza potenziata tra residenti che aumenta le possibilità di scambi sociali e culturali; l’Hyper mixed use che significa superare definitivamente lo zoning per funzioni e fornire ai residenti tutto quello di cui hanno bisogno nelle immediate vicinanze.
Metamorfosi Riyadh
Mentre questi quattro giga projects rappresentano il volto della nuova Arabia descritto nella Saudi Vision 2030, il principe MBS non ha perso di vista l’immagine della capitale del regno, che da roccaforte dei conservatori negli ultimi anni si è trasformata in cuore pulsante del paese grazie a una serie d’iniziative particolarmente riuscite. La necessità di migliorare la vivibilità della città è il punto in comune di progetti come ad esempio Riyadh Season, Riyadh Art, Riyadh Sports Boulevard, Green Riyadh, King Salman Park e Diriyah Gate.
In conclusione, se è troppo presto per esprimere un giudizio sui progetti che stanno radicalmente cambiando l’Arabia Saudita, si può affermare con certezza che in nessun altro paese del Medio Oriente sono in atto simili cambiamenti. Questo è il primo successo ottenuto dal principe MBS: portare il regno al centro del dibattito architettonico contemporaneo in Medio Oriente.
Immagine in evidenza: Neom, render di progetto, The Line (https://www.neom.com/en-us)
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infrastrutture , Medio Oriente , pianificazione urbana
Last modified: 21 Settembre 2022