Prima tappa di un viaggio nel capoluogo adriatico, città dalla grandi potenzialità e dai molti piani che troppe volte ha dovuto rivedere al ribasso le proprie ambizioni
PESCARA. Polo dinamico e snodo strategico dei collegamenti nord-sud sulle linee ferroviaria e autostradale adriatiche nonché sull’asse est-ovest con la capitale, Pescara si distingue nel panorama urbano medio-adriatico per la sua posizione, le capacità attrattive, la vivace attività economica e imprenditoriale legata per lo più ai servizi, al terziario e al commercio, nonché per un’interessante capacità di rinnovamento urbanistico. Come per molte città della provincia italiana, da sempre al centro d’instancabili meccanismi di potere di natura campanilistica che la vedono contendersi con altri centri vicini funzioni, infrastrutture e servizi, Pescara soffre la mancanza di una visione strategica alla scala regionale e nazionale che ne definisca ruoli, interazioni e sinergie.
Una visione internazionale
Tuttavia qualcosa si muove, alcune iniziative infatti vanno nel senso del cambiamento. L’inserimento di Pescara tra le reti transnazionali Ten-T è un asso che se correttamente giocato potrebbe stravolgere la programmazione del prossimo decennio. Insieme all’organizzazione della macroregione Adriatico-Ionica, si lavora in accordo con le regioni confinanti per un migliore coordinamento degli investimenti e delle risorse. Infine, in questo quadro si colloca la fusione tra le realtà urbane limitrofe per la nascita della città metropolitana che potrebbe così contare su un’ottimizzazione della gestione del territorio e un notevole risparmio sulla spesa pubblica, in linea con il riassetto delle province deciso dal parlamento. Infine, un segnale di speranza viene dal masterplan che la Regione ha fornito all’attenzione del presidente del Consiglio nel quadro delle opere pubbliche per il rilancio del Sud. Dove si parla soprattutto del potenziamento del collegamento ferroviario con Roma, dell’ampliamento dello scalo aeroportuale e di quello portuale (con Ortona e Vasto).
La questione portuale
Tasto dolente, il porto è legato all’ormai epica querelle del suo ampliamento. Se, infatti, a inizio Novecento la città è stata fondata dalla saldatura delle due realtà situate sulle opposte sponde del fiume omonimo, il porto non è sempre stato oggetto d’unione. Il primo progetto di canalizzazione del Pescara risale a fine Ottocento, con i moli guardiani appena accennati che divengono prolungamento del fiume in mare.
Dopo lunghe vicissitudini, negli anni ottanta del secolo scorso si decide la costruzione di un bacino turistico dalle grandi ambizioni realizzando, così, la terza struttura diportistica d’Italia.
Nel periodo 1993-97 si approva la realizzazione dell’odierna configurazione portuale. Soluzione che, seppur paventata da diversi studi scientifici come deleteria, viene completata in due fasi. La prima realizza la diga foranea (enorme frangiflutto per la protezione dell’imboccatura del porto canale dalle correnti marine) mentre la seconda vede costruirsi il molo di levante per l’approdo delle navi di medio-grande pescaggio (crocieristiche e commerciali). Da subito, però, si ricorre a correzioni e miglioramenti palliativi atti a ridurre l’effetto di deposito dei sedimenti fluviali che causano il costante e rapido insabbiamento dei fondali con relative difficoltà d’ingresso delle imbarcazioni.
L’ultimo quinquennio vede l’approvazione del nuovo Piano regolatore portuale (PRP) e del relativo progetto di trasformazione del porto le cui ambizioni ed esigenze commerciali sono frattanto cambiate. La deviazione del fiume proposta nel progetto, insieme al prolungamento dei moli e alla realizzazione di due nuovi bacini artificiali, promette di risolvere gli atavici problemi strutturali del porto. Il progetto è tuttavia contestatissimo e presenta un conto che oscilla tra i 170 e i 200 milioni, spalmati verosimilmente su un decennio. Fondi pubblici che, visti gli errori precedenti e le relative conseguenze, oggi, complici le finanze non proprio rosee, stentano a esser messi a disposizione. Anche se parrebbe che 7 milioni oggi e 8 nel 2017 siano già pronti per la parziale demolizione della diga foranea e per le prime trasformazioni.
A questo punto, però, forse andrebbe forse rivisto lo stato delle cose, alla luce della proposta del ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio per la riorganizzazione delle infrastrutture portuali nell’ottica di una maggiore competitività internazionale. In questo riassetto, le infrastrutture abruzzesi si troverebbero nel bacino di riferimento del porto marchigiano di Ancona. La prospettiva, in questo caso, non sarebbe delle più rosee. Infatti la Regione ambisce piuttosto alla collaborazione con il porto laziale di Civitavecchia che garantirebbe uno sviluppo parallelo a Pescara (e non una concorrenza diretta), in quanto suo naturale sbocco orientale e collegamento sulla direttrice est-ovest per gli scambi commerciali e turistici con i Balcani. Una prospettiva che acquisisce ancor più senso se inserita nel quadro delle già citate reti Ten-T.
Questa soluzione prospetta grandi potenzialità di crescita e il completamento a cascata di altre fondamentali opere, come il potenziamento della ferrovia Roma-Pescara o la messa in essere dei progetti di navigabilità del bacino fluviale, secondo più grande fiume dopo il Po a sfociare in Adriatico.
Il potenziale delle aree dismesse
La riqualificazione delle ex aree portuali commerciali, oggi dismesse, è una scommessa imprescindibile. Con l’inaugurazione nel 2009 del Ponte del mare, uno spiraglio si apre anche a Pescara, ma la riqualificazione delle riviere a oggi non è che un puzzle incompleto.
La parziale bonifica delle aree ex Cofa (mercati ortofrutticoli) ha permesso la demolizione di alcuni capannoni industriali, al posto dei quali, con un Piano particolareggiato, l’amministrazione ha dato un indirizzo di sviluppo. Si è parlato di università del mare, hotel, residenze e parcheggi anche a uso della stazione marittima. Ma 26.000 mq fanno gola a molte società di costruzioni e gli speculatori si attivano in ricorsi e azioni legali. Intanto sulle aree trova posto la nuova caserma della Guardia di Finanza, che stravolge parzialmente i giochi. In queste settimane si giocano gli atti fondamentali che potrebbero determinare la rinascita delle aree o un colossale flop.
Sulla riviera nord, poi, a poche centinaia di metri da quelle sopracitate, un’area di 4.300 mq rappresenta una grande occasione per il potenziamento culturale della città. Lo scorso settembre con delibera comunale l’amministrazione ha avviato il recupero delle aree ex Fea. Acquisite dalla Regione nel 2010, la Fondazione Pescara-Abruzzo, grande attore nel rinnovamento urbano, propone un polo museale dal costo di circa 10 milioni, dedicato all’arte povera, sotto la guida dell’artista Ettore Spalletti.
Tra le grandi scommesse che si giocano intorno alle aree dismesse c’è forse la più importante, quella delle aree di risulta ferroviarie. Infatti, per una situazione del tutto anomala, Pescara conosce una realtà alquanto particolare. In pieno centro, proprio davanti alla stazione, si estende un’area di 12 ettari completamente vuota (oggi desolante parcheggio dalle dimensioni Made in USA), frutto della delocalizzazione e sopraelevazione del vecchio tracciato ferroviario. Concorsi e masterplan si sono succeduti senza successo per, manco a dirlo, questioni ora politiche ora economiche. Mario Botta, Studio Monestiroli, Paolo Desideri e altri hanno tentato di lasciare la loro firma, mentre Renzo Piano declinò l’invito. Oggi un nuovo studio di fattibilità elaborato da una società di Padova ripropone, nell’ottica di stimolare l’interesse dei privati, un riassetto con aree verdi, servizi pubblici, il terminal bus interrato, residenze e un parcheggio da 1.600 posti. Nel frattempo, rispetto alle precedenti proposte e bandi di gara (a onore di cronaca andati deserti) la superficie verde si è ridotta di un quinto; e se i posti auto, non più interrati ma in silos, sono stati dimezzati, il teatro (manufatto ormai indispensabile alla città) è invece sparito!
Ci si augura una più ambiziosa proposta e una presa di coscienza della classe politica che non si tratta più di vincere le tornate elettorali, bensì di dare un futuro a una città che troppe volte ha dovuto rivedere al ribasso le proprie ambizioni.
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Pescara , rigenerazione urbana , ritratti di città
Last modified: 20 Aprile 2018