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Scritto da: Città e Territorio Mosaico Progetti

Frank Gehry (1929-2025), i veterani senza casa e il nuovo brutalismo

Frank Gehry (1929-2025), i veterani senza casa e il nuovo brutalismo
A Los Angeles, nel West LA VA Campus, apre il complesso 701 MacArthur. Un progetto emblematico delle condizioni contemporanee: tra città, guerra, finanza, politica e linguaggio architettonico

 

Questa è una di quelle storie architettoniche che sono insieme esemplari e paradossali, interessanti da raccontare ancora di più nei giorni della scomparsa, a 96 anni, di Frank Gehry (1929-2025). Si tratta di una complessa vicenda politica, guerre che producono effetti anche dove non vengono combattute, un’archistar (ma anche veterano) che firma qui uno dei suoi ultimi progetti, a forte valenza sociale, sorprendendo con forme inaspettate rispetto all’evoluzione della sua poetica, conosciuta in tutto il mondo, come testimoniano le reazioni globali alla sua morte. L’edificio 701 MacArthur, di Gehry Partners, recentemente inaugurato in un grande Campus a Los Angeles, dice molto delle comunità (e dell’America) di oggi. L’articolo di Anna Neimark (tradotto dall’originale inglese) riprende alcuni temi trattati dall’autrice sull’ultimo numero della rivista Log64, dedicato al brutalismo, pubblicata da Anyone Corporation, un think thank no-profit, sui temi dell’architettura, con sede a New York (articolo aggiornato il 5 dicembre 2025).

 

LOS ANGELES (Usa). Un modo per capire alcuni dei primi edifici di Frank Gehry (1929-2025) è quello di pesarli sui valori del nuovo brutalismo, propugnati da Alison e Peter Smithson e poi delineati da Reyner Banham, un decennio dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si considerino Santa Monica Place (1980), Cabrillo Aquarium (1980) e Temporary Contemporary (1983): erano materialmente onesti, poco costosi ed espliciti riguardo alle modalità costruttive.

Elementi con grafica sovradimensionata, volumi in rete metallica e rampe di cemento accoglievano oggetti in modo non gerarchico: arte e automobili, bambini e pesci, superfici di cemento lucidato e attrezzature meccaniche. Carpenterie magniloquenti, intelaiature a vista ed esperimenti topologici divennero più spettacolari nel periodo intermedio di Gehry. Il Museo di Bilbao (1997), il DZ Bank Building (2001) e la Walt Disney Concert Hall (2003) erano ancora materialmente onesti ma più costosi ed espressivi: metodi raffinati per rappresentare teste di cavallo, vele gonfie e scatole contorte sostituirono la brutalità dei principi costruttivi del “je-m’en-foutisme”, ancora secondo la definizione di Banham, traducibile con “menefreghismo”.

Tra questi due gruppi di edifici, una corrente teorica modificò metodi e termini della progettazione negli uffici e nelle scuole nordamericane, come raccontato da Michael Hays. Tra i testi fondamentali di questo passaggio vi fu “A Thousand Plateaus”, dei pensatori francesi Gilles Deleuze e Félix Guattari. Armati di metafore matematiche e tattiche territoriali, i teorici dell’architettura sostennero la necessità di sostituire le citazioni storiche del postmodernismo con nuove manipolazioni formali.

Alcuni architetti iniziarono a pensare a spazi diversi, promuovendo discussioni su superfici digitali interpolate e “pieghe” che contrastavano i contesti tracciati dalle griglie urbane o basati su metodi tradizionali di composizione. Mentre gli interessi del nuovo brutalismo per la topologia e la pianificazione decentralizzata trovavano riscontro in questa linea, la svolta computazionale represse le preoccupazioni materiali di quel movimento. I critici tentarono di produrre un cambiamento nella pratica verso modelli digitali ad alta risoluzione. Gehry Technologies esemplificava questa tendenza, sviluppando il software Digital Project per fornire supporto tecnico e gestionale per il lavoro svolto presso Gehry Partners, LLP.

Oltre a sviluppare associazioni parametriche e relazioni coerenti tra parti e tutto, espresse dalla struttura e dal rivestimento di un edificio, questa infrastruttura software ha anche ampliato il lavoro dello studio di progettazione integrando consulenti, ingegneri e costruttori in un’interfaccia digitale multilivello. Gli architetti allineati alla teoria deleuziana videro in questo la realizzazione della loro visione idealizzata di tradurre la proiezione digitale in costruzione materiale.

Questo cambiamento organizzativo contribuì anche a un approccio collaborativo facilitando la gestione di edifici complessi come i campus: Facebook (2018), il Children’s Institute (2022) e l’ampliamento della Colburn School (in corso). Sono interventi pubblici, accessibili, collaborativi e contestuali per natura, che richiedono maggiore attenzione al paesaggio, ai flussi e agli spazi di incontro, nonché alla partecipazione da parte dei clienti e dei finanziatori. Accanto a progetti iconici ed espressivi, il lavoro eterogeneo di Gehry ha continuato a operare entro i vincoli estetici dei suoi primi lavori, intorno a quello che potremmo chiamare “lo sfondo”. Ma le strutture che sostengono questi edifici non si limitano alla sfera visiva, che può essere analizzata formalmente e a una certa distanza critica; sono, più profondamente, progetti infrastrutturali, finanziari e politici. Con aspetti difficili da cogliere e come tali richiedono approcci diversi e ravvicinati.

Una profonda comprensione delle forze esterne è necessaria per comprendere il ruolo manageriale che l’architetto svolge in questo contesto. Se il nuovo brutalismo, per come lo intendo, riporta la nostra attenzione ancora una volta ai principi di costruzione del dopoguerra, non dobbiamo guardare oltre il ground zero del nostro dopoguerra contemporaneo e l’attuale necessità di “una combinazione di riparo e ambiente”, come progettavano gli Smithson nel 1953 con House in Soho, London. In questa svolta, i termini dopoguerra e brutalismo riacquistano i loro significati concreti, all’interno di un discorso politico.

 

 

Il West LA VA Campus, in termini deleuziani 

In questo contesto si distingue un progetto realizzato recentemente. In collaborazione con lo sviluppatore di alloggi a prezzi accessibili Thomas Safran & Associates e The Architects Collective, Gehry Partners ha completato un complesso di alloggi per veterani al 701 di MacArthur Ave. Centoventi ettari di terreno, lasciati in eredità da donatori privati ​​alla National Home for Disabled Volunteer Soldiers dopo la Guerra civile americana, hanno gettato le basi per il West Los Angeles Veteran Affairs Campus.

Ora ampliato a più di 150 ettari, il Campus è diviso da due grosse arterie stradali – Wilshire Boulevard e Freeway 405 – che formano 4 quadranti occupati da vari programmi, tra cui ospedali e alloggi, parchi e parcheggi, uffici e strade. Le chiome dei fichi di Moreton Bay, i boschetti di eucalipti e l’Heroes Golf Course offrono microclimi all’interno dei terreni privi di asfalto. Il tragico terremoto di Sylmar del 1971 causò il crollo di alcune strutture e l’amministrazione dei veterani dichiarò inagibili molti dei suoi edifici. Gli sfratti che seguirono svuotarono quasi completamente il quadrante nord-occidentale. In segno di protesta, i veterani organizzarono sit-in e scioperi della fame, ma solo un piccolo numero di uffici amministrativi e medici rimasero operativi. Questo terreno abbandonato divenne un campo marzio neoliberista, molto ambito dalla speculazione.

I contratti di locazione erosero il senso di unità e di identità di una Casa nazionale dei soldati. Brentwood School, compagnia petrolifera Breitburn Energy e Università della California sono solo alcuni degli inquilini, ora coinvolti in cause legali con i difensori dei veterani che, complice quel governo per cui hanno combattuto, sono stati allontanati dal loro stesso Campus. Oltre tremila veterani rimangono senza casa nell’odierna Los Angeles.

Leggere “1227: Trattato di Nomadologia – La Macchina da Guerra” di Deleuze e Guattari nel contesto del West LA VA Campus conferisce un nuovo significato a “A Thousand Plateaus”. Per i teorici, la scienza nomade ruota attorno a una forza governante, lo Stato, che generalmente ricerca la stasi ma occasionalmente richiede movimenti incontrollabili che generano un cambiamento. Deleuze e Guattari si ispirano al successo del cavaliere mongolo Gengis Khan. Mentre l’apparato statale produce uno spazio misurabile – può essere contato, gestito e governato – la macchina da guerra ristruttura il territorio con vettori dirompenti in movimento. Lo spazio dei nomadi della steppa è un campo di forza variabile che non può essere misurato, ma solo proiettato, inflesso, espanso e contratto. Se il VA Campus rappresenta la struttura spaziale dello Stato, allora i veterani sono i nomadi su quel territorio. Per anni lo Stato ha desiderato governare ma non disponeva delle capacità logistiche e delle risorse gestionali per servire efficacemente i veterani che, da parte loro, chiedevano di essere ospitati, ma non avevano gli strumenti per interrompere la stasi e uscire dall’impasse.

Attacchi legali e investimenti finanziari hanno risvegliato il VA. I sostenitori dei veterani hanno intentato una causa per esercitare pressione sui contratti di locazione privati, facendo spazio all’edilizia residenziale e a un piano generale per lo sviluppo del campus. La TSA, insieme a Century Housing e all’organizzazione no-profit U.S.VETS, ha formato il West LA Veterans Collective per vincere il bando per nuove costruzioni e riqualificazione edilizia. Lo scorso anno, il Dipartimento per l’Edilizia Abitativa e lo Sviluppo Urbano e il Dipartimento per gli Affari dei Veterani degli Stati Uniti hanno stanziato 78 milioni di dollari a sostegno di interventi di costruzione e per affitti. Quest’anno sovvenzioni per l’Affordable Housing and Sustainable Communities e l’assegnazione diretta di fondi per le infrastrutture del sito da parte del VA sono state investite nei miglioramenti del Campus.

 

Il VA Building 701 MacArthur, macchina per il dopoguerra

L’edificio VA 701 MacArthur è un complesso di 120 unità che si affaccia in questo contesto abitativo. La sua planimetria è organizzata attorno a una luminosa sala comune al centro di un giardino fiorito che ospita gli edifici residenziali, contrassegnati dalla lettera A alla M. Tre coppie di volumi indipendenti a due piani ruotano lungo il bordo del selvaggio arroyo, che un tempo era una discarica. I blocchi a tre piani sono uniti con forma scalettata, adiacenti alle strade e ai parcheggi. Il rivestimento in stucco beige si accorda con la palette mission revival del Campus.

Sentieri ramificati prolungano i vialetti fino a scale in acciaio che arrivano ai camminamenti comuni. Ogni percorso conduce a un ingresso che identifica la casa di ogni veterano. La vernice grigia ricopre le porte metalliche, le imponenti tende da sole, gli scolapiatti squadrati, le applique triangolari, la rete a pannelli, le insegne rettangolari, le scritte sans-serif e le prese d’aria: servizi che servono gli interni prefabbricati. Finestre in alluminio triple incorniciano le viste dei giardini. Le stanze sono inondate di luce e aria.

Quasi assediati dalla vegetazione, gli edifici quasi scompaiono già sullo sfondo. Alberi di avocado, pompelmo e limone, alberi di Palo Verde e viole del pensiero in fiore, e decine di altre specie vegetali, sono state accuratamente selezionate da Elysian Landscapes: 175 esemplari ondeggiano sui 12.000 arbusti che sovrastano i tappeti tappezzanti. Tra piante selvatiche e coltivate, si formano diversi microclimi favoriti dal sole, dall’ombra e dal calore emanato dalle corsie tagliafuoco rivestite in cemento. Tra gli edifici si trovano zone selvagge punteggiate da sacche di vivaci impollinatori e prati. Un microclima subtropicale caratterizza il complesso a est, mentre un habitat autoctono costeggia l’arroyo a ovest. Correre attraverso il giardino è delizioso e rallentare è terapeutico, mentre foglie grafiche, erbe effimere, fiori vivaci, frutti maturi e uccelli canterini nutrono i sensi lungo i suoi sentieri.

Cooper Bluhm ha fotografato il progetto con un obiettivo Zeiss Planar 80mm f/2.8 su una fotocamera di medio formato. Il design planare di questo obiettivo leggendario focalizza l’immagine su un piano piatto (piuttosto che curvo), producendo immagini uniformi da un bordo all’altro, senza deformazioni o scorci. In primo piano, le piante sono colorate e vibranti. In secondo piano, le scale sono grigie e tortuose. Sullo sfondo, le facciate sono beige e piatte. I tre livelli delle immagini sono ugualmente a fuoco, descrivendo silenziosamente la vita quotidiana che si svolge nei giardini e lungo le scale. Senza gerarchia, questi sfondi lasciano spazio a tutto il resto: una passeggiata tra gli alberi, un incontro sul vialetto, una consegna di cibo a domicilio. Niente di tutto ciò è possibile nel progetto accanto, dove i capisaldi dell’edilizia iconografica prendono il sopravvento: balconcini a scatto, finestre non apribili, corridoi ombreggiati e archi decorativi simboleggiano l’abitazione senza lasciare spazio all’abitare. Le condizioni reali permeano le fotografie, offrendo uno spettro di sole e di ombra, una scelta di percorsi, una differenza di orientamento, una varietà di flora, un’anticipazione delle fioriture stagionali. Il formalismo del complesso offre differenze acute, segnali luminosi, attraverso l’estetica di sfondo, un rumore beige. È un sollievo per i sensi, un luogo in cui riposare e tornare a casa.

 

La guerra è ormai ovunque. E anche il dopoguerra

Il West LA VA Campus è il fronte interno dove il teatro del dopoguerra si sta svolgendo su un palcoscenico nazionale. Il progetto 701 MacArthur è un compromesso, collaborativo e urgente. Confondiamo il dopoguerra con l’estetica del nuovo brutalismo, ma la realtà di Los Angeles del dopoguerra è segnata dalla brutalità della mancanza di una casa.

Lungo il tratto principale di Wilshire Boulevard, nel quadrante sud-est del VA, il Luckman Federal Building degli anni ’60 sfoggia le sue alette verticali prefabbricate in stile nuovo brutalismo e il suo nucleo di servizi ben visibile. Nel quadrante nord-ovest, superando decenni di inattività, il 701 MacArthur dà vita a un complesso in stile nuovo brutalismo con un altro giardino, un’altra infrastruttura di scale a vista e un notevole sforzo partecipativo. Il Campus federale rivela la brutalità della condizione di Los Angeles nel dopoguerra e l’ottimismo che si cela dietro la struttura composita di architetti e costruttori del dopoguerra.

 

Immagine di copertina: piante subtropicali caratterizzano l’ingresso al complesso residenziale 701 MacArthur, sul confine orientale del West LA VA Campus. Echinopsis pachanoi (cactus San Pedro), piante grasse Senecio ficoides ‘ount Everest, alberi Cercidium Desert Museum e Acacia baileyana Purpurea filtrano la vista sulla scalinata che conduce ai piani superiori (© Cooper Bluhm).

Ringraziamenti dell’autrice: sono grata ad Anthony Allman (Vets Advocacy), Dana Bauer (Elysian Landscapes), Parisa Roshan (Thomas Safran & Associates) e Thomas Kim (Gehry Partners, LLP) per le molte ore di conversazione sul West LA VA Campus. Un ringraziamento speciale a Cooper Bluhm (SCI-Arc) per aver fotografato con maestria il VA Building 701 MacArthur.

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Tag: , , , , , , , , , Last modified: 8 Dicembre 2025