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Scritto da: Forum Professione e Formazione

L’etica professionale tra algoritmo e IA

L’etica professionale tra algoritmo e IA
Riceviamo e pubblichiamo una riflessione in merito ai processi di automazione e responsabilità, ad un anno dall’approvazione del Codice Deontologico

 

La professione di architetto si trova oggi al crocevia di una radicale mutazione epistemologica e operativa, determinata dall’irruzione pervasiva dell’Intelligenza Artificiale (IA) nei processi di concezione, simulazione e gestione dello spazio. Tale trasformazione impone una riflessione critica sulla dialettica tra l’efficienza algoritmica, assimilabile idealmente alla linea retta della razionalità tecnica, e la responsabilità etica del progettista, che si manifesta nella curva dell’imprevisto e dell’organicità.

La visione di Oscar Niemeyer sulla “curva libera e sensuale” non rappresenta una mera opzione estetica, ma si configura come un paradigma esistenziale del progetto che rammenta la tensione ineludibile tra la regola dell’artificio e la libertà dell’espressione umana e del contesto vivente. In questa polarità, oggi riattualizzata dalla tecnica digitale, si deposita il senso originario del mestiere: la sua vocazione non è il dominio strumentale della tecnica, bensì la custodia dell’umano e della sua incomparabile dignità.

La contemporaneità del dibattito, che coniuga la digitalizzazione dei workflow progettuali con l’ultima revisione del Codice Deontologico, richiede al professionista una lentezza riflessiva. L’epifania etica non sorge dall’opposizione retorica alla macchina, ma dall’accettazione del turbamento che l’IA stessa genera, obbligando a riaffermare l’autonomia di giudizio in presenza di automatismi che potrebbero compromettere la qualità, la sicurezza o la dignità dell’opera.

 

La deontologia nel nuovo Codice

Il Codice Deontologico per i professionisti dell’architettura, approvato dal Cnappc il 10 ottobre 2024 ed entrato in vigore il 2 dicembre 2024, si pone, a quasi un anno dalla sua entrata in vigore, come strumento organico e cruciale per interpretare la professione in una fase di rapida evoluzione tecnologica e sociale. L’impianto normativo non si limita agli obblighi disciplinari classici, ma si radica nei principi generali della Costituzione e dei vincoli comunitari, elevando a doveri espliciti la giustizia sociale, l’inclusione, la tutela del bene pubblico e l’uso etico, trasparente e responsabile dell’IA.

Aspetti di particolare rilievo innovativo includono l’autonomia di giudizio e la vigilanza. Il professionista è chiamato a vigilare su ogni processo automatizzato che possa minare l’indipendenza e l’autonomia del giudizio professionale, garantendo che l’impiego dell’IA non comprometta la sicurezza o la qualità dell’intervento. L’articolato prescrive che l’uso dell’IA avvenga nel rispetto dei principi di trasparenza, equità e riservatezza, ponendo una chiara pregiudiziale etica: l’algoritmo non può mai sostituire la responsabilità individuale e collettiva dell’architetto, che mantiene in via esclusiva la paternità intellettuale e tecnica di ogni prestazione. È riaffermato l’obbligo di formazione aggiornata e continua sui temi disciplinari e tecnologici, essenziale per un’azione consapevole e critica di fronte alle nuove potenze tecniche. Infine, il Codice persegue l’obiettivo di promuovere la parità di genere e la valorizzazione dei collaboratori, orientando la deontologia verso una visione più inclusiva e solidale della pratica professionale (articolo 21).

La modulazione delle sanzioni prevista dall’allegato 1, distinguendo tra illeciti attenuati, edittali e aggravati, conferma l’intento di promuovere un’etica della competenza in cui l’autonomia intellettuale e la coscienza etica si saldano nella prospettiva di una tutela integrata del pubblico interesse.

 

Tempi e responsabilità

I progressi nel deep learning, nel machine learning e nella Generative AI hanno rimodellato la prassi architettonica, trasformando il processo progettuale da lineare a iterativo e modulare. L’IA è oggi integrata in strumenti che abilitano la modellazione parametrica e generativa per l’esplorazione di molteplici scenari progettuali in tempo reale, l’ottimizzazione delle prestazioni energetiche, ambientali e strutturali (come Spacemaker, Cove Tool), la compatibilità avanzata con le piattaforme BIM, consentendo la gestione del digital twin e il monitoraggio predittivo durante l’intero ciclo di vita dell’edificio, e la produzione di rendering fotorealistici e la valutazione automatica dei vincoli normativi (supporto strumentale).

L’adozione diffusa di queste tecnologie offre benefici in termini di rapidità, riduzione dei costi operativi e ampliamento dell’accesso a strumenti avanzati.

Nonostante i vantaggi, l’integrazione dell’IA non è esente da criticità epistemologiche e rischi normativi che impongono uno sguardo vigile e consapevole. La difficoltà di validare e comprendere le decisioni prodotte dai modelli di deep learning solleva la questione della rendicontabilità (accountability) e della responsabilità in caso di errore.

L’eredità di bias involontari insiti nei dataset di training può condurre a risultati progettuali che perpetuano o amplificano le discriminazioni sociali o spaziali. La delega massiva ai sistemi digitali rischia di depotenziare la dimensione relazionale, artigianale e l’autonomia intellettuale dell’architetto, riducendolo a mero “regolatore di output”. I recenti forum disciplinari hanno ribadito l’irrinunciabilità di un governo umano e critico della trasformazione, evitando derive deterministiche a favore di una co-cognizione.

 

Il controllo umano

La riflessione sull’etica dell’IA deve trascendere la mera applicazione strumentale, collocandosi in un orizzonte filosofico più ampio, come indicato dalle Raccomandazioni Unesco sull’Etica dell’Intelligenza Artificiale (2021). Il documento Unesco stabilisce principi guida essenziali, tra cui la trasparenza, l’equità, la sostenibilità ambientale e il controllo umano come valori che devono permeare l’intero ciclo di vita dei sistemi di IA. L’IA deve essere sviluppata in chiave antropocentrica, ponendo la dignità umana e il benessere collettivo al centro dello sviluppo tecnologico. L’architetto è chiamato a esercitare una responsabilità valutativa sull’impatto etico e sociale dei sistemi che utilizza.

Il pensiero di Martin Heidegger sulla tecnica come rivelazione (ἀλήθεια) del mondo e quello di Hans Jonas sul Principio Responsabilità e l’euristica della paura, impongono di riflettere sul futuro che l’IA prefigura. La disciplina si confronta con il rischio prospettato da Jonas: l’adozione di un approccio “pessimistico” per garantire cautela e correttivi prudenti. La riontologizzazione del mondo proposta da Luciano Floridi, che decentra l’umano dalla sua centralità classica, si congiunge con il postumanesimo critico (Donna Haraway, Rosi Braidotti), che decostruisce l’idea di un soggetto autonomo contrapposto all’artificio. L’architetto opera in una realtà di protesi digitali e intelligenza distribuita, assumendo il ruolo di agente in un processo dinamico di co-costruzione simbiotica del mondo. Questa prospettiva esige un’etica che includa macchine, ecosistemi e sistemi intelligenti in un orizzonte di responsabilità condivisa.

Il nuovo Codice Deontologico traduce questa eredità in norme che prescrivono la responsabilità sostanziale e la capacità di discernimento critico. In armonia con la Legge 132/2025 (ove applicabile), la responsabilità professionale, civile e disciplinare rimane totale e indivisibile in capo all’architetto. Gli algoritmi non imputabili non assolvono dal dovere di vigilanza: l’IA è un supporto strumentale, ma il controllo, la firma e la paternità del progetto restano prerogative inalienabili dell’essere umano.

 

Un progetto civico partecipato e inclusivo

La stagione dell’IA e del nuovo Codice Deontologico non sollecita soluzioni definitive, ma esige un progetto civico fondato sulla partecipazione, sull’inclusione e sulla lotta alla discriminazione (di genere, culturale, digitale). L’architettura esercita la propria funzione responsabilmente generativa nella dimensione della pianificazione urbanistica partecipata e nella progettazione inclusiva.

La qualità del progetto nasce dalla capacità di ibridare saperi tecnici e umanistici, di contaminare l’etica by design con la cultura del luogo. L’imperativo non è la chiusura del cerchio, ma la permanenza sul ciglio inatteso della curva.

La cifra più alta dell’etica, richiamata da Niemeyer, non risiede nel calcolato, ma nella capacità di interrogarsi continuamente su ciò che, da dentro il progetto, chiama in causa la vita, l’altro e la memoria. La vera domanda per l’architetto non è l’efficienza dell’Intelligenza Artificiale, ma quale umanità sapremo abitare.

Se la responsabilità si misura nella libertà della linea, l’architettura del futuro sarà quella che, come un’epifania sempre nuova, saprà accogliere il mondo nella sua imprevedibile dignità, lasciando la questione etica, al pari della curva, aperta all’ospitalità dell’imprevisto.

 

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Tag: , , , , , Last modified: 2 Dicembre 2025