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Emanuele PiccardoWritten by: Forum Patrimonio

CSAC chiuso: tempi incerti e molta preoccupazione

CSAC chiuso: tempi incerti e molta preoccupazione
L’Archivio di Parma ha bisogno di interventi di recupero dopo l’allagamento dello scorso ottobre e sospende l’accesso. Una situazione di incertezza che mette in agitazione gli studiosi. Un appello

 

CERTOSA DI PARADIGNA (PARMA). Il Centro Studi Archivio della Comunicazione nasce da una intuizione dello storico dell’arte Arturo Carlo Quintavalle che lo fonda, all’interno dell’Università di Parma nel 1968. Nei giorni scorsi uno scarno comunicato apparso su instagram e sul sito web annunciava che “in seguito ad un evento calamitoso che ha colpito il complesso di Valserena lo scorso ottobre, non vi sono le condizioni di sicurezza e agibilità sufficienti a garantire la tutela e il comfort delle persone; pertanto è stata disposta la sospensione di tutte le attività in presenza e dei servizi erogati dal Centro e dal museo […] al momento non abbiamo tempistiche certe sulla fine dei lavori”.

Sono passati quattro mesi dall’evento alluvionale di ottobre 2024 in cui “l’esondazione di un canale ha determinato l’allagamento dei locali tecnologici interrati del complesso, compromettendo del tutto la funzionalità della cabina elettrica e della centrale termica lì collocate”, come scrive in una nota del 24 gennaio l’Università di Parma. Sempre nella stessa stringata nota – apparsa dopo alcuni articoli pubblicati – si sottolinea come “a seguito dell’alluvione non c’è stata alcuna compromissione del materiale conservato che non ha subito danni”.  Le parole dell’ateneo non approfondiscono molto e nulla dicono dello stato di conservazione dei materiali. La Gazzetta di Parma, in un articolo di questi giorni, riporta le parole del rettore Paolo Martelli: “Ai tempi in cui lo CSAC aveva trovato casa nell’abbazia di Valserena i locali tecnologici sono stati interrati di concerto con la Soprintendenza”. L’alluvione ha fatto comprendere che fu una scelta sbagliata. 

 

Il più importante archivio italiano

L’Archivio dello CSAC è il più importante archivio italiano e contiene al suo interno 12 milioni di opere. Ma il personale è insufficiente, numericamente, a soddisfare le richieste giornaliere di consultazione e di prestiti di opere. Occorre un cambio radicale nella relazione accidentata tra CSAC e Università. La chiusura è esemplare nella gestione di una problematica che poteva essere risolta quando si è presentata, evitando di mettere a rischio quelle parti di archivio più delicate. Non dobbiamo dimenticare che i lucidi dei progetti di Gio Ponti o di Ignazio Gardella risalgono agli anni Trenta del XX secolo e nonostante le rassicurazioni sullo stato di conservazione attuale la preoccupazione è alta.

Forse nell’opinione pubblica e nella comunità silente di architetti e storici dell’arte non si comprende pienamente che l’archivio è il luogo della memoria per ricostruire le storie delle città e delle trasformazioni della società attraverso lo sguardo dei fotografi, i progetti degli architetti, i vestiti degli stilisti, le sculture, le pitture e le installazioni degli artisti, i film dei registi. 

Lo CSAC nasce grazie alle donazioni costituendo un archivio che non ha eguali in Italia. Una modalità, quella della donazione, necessaria affinché un ente universitario senza risorse possa costituire un archivio. 

 

Senza comunità locale non c’è tutela

Quintavalle fu il primo a portare la fotografia americana in Italia andando alla Library of Congress per prendere le modern print della Farm Security Administration e le fotografie di Dorothea Lange. Fu anche il fautore del dipartimento di fotografia con le preziose ricerche di Luigi Ghirri, Giovanni Chiaramonte, Vittore Fossati, Olivo Barbieri, solo per citare i casi più noti. Anche la moda con i bozzetti delle sorelle Fontana e l’arte con le opere di Mario Ceroli, Luciano Fabro, Giulio Paolini e Giuseppe Uncini. 

Nel tempo lo CSAC è diventato il luogo ideale per accogliere gli archivi degli architetti ribelli: i radicali Archizoom ed Ettore Sottsass jr. L’architettura ha svolto un ruolo determinante nell’ampliare la collezione grazie ai fondi Pierluigi Nervi, Gio Ponti, Ignazio Gardella, Figini e Pollini, Leonardo Ricci, Roberto Menghi, Alberto Rosselli, Luigi Vietti. Questo è potuto avvenire perché non esisteva un luogo dove poter raccogliere questo immenso patrimonio culturale. 

L’importanza dello CSAC va ben oltre i confini di Parma. La sua chiusura mette in rilievo il disinteresse della città che non sembra indignarsi per l’oltraggio che la cultura sta subendo. 

La città di Verdi e del Regio, della Barilla, dei Bertolucci, della Pilotta, non partecipa. Come possiamo salvare le nostre istituzioni culturali se le comunità locali non sono consapevoli del degrado in cui sono precipitate e non si attivano? 

 

Dal Getty una lezione per il futuro

Quando all’inizio di gennaio Los Angeles è stata colpita dagli incendi, nell’area di Pacific Palisades (ne abbiamo parlato qua: Los Angeles: la metropoli catastrofica) , il Getty, che comprende al suo interno la villa, il museo e il Getty Research Institute, nelle settimane antecedenti all’evento aveva attivato le procedure per contrastare il fuoco, tagliando la vegetazione e raccogliendo acqua necessaria allo spegnimento dei primi focolai. Così gli archivi e gli edifici si sono salvati grazie alla prevenzione.

Questa è una lezione da cui imparare nella gestione dei beni culturali durante le crisi ambientali. Ci sarà senz’altro qualcuno che obietterà con il mantra, nel caso italiano, dell’assenza di budget. Ma qui occorre un salto culturale in modo che lo CSAC venga percepito come una risorsa dall’Università e non come un peso. 

Se da un lato dobbiamo difendere il contenuto, l’Archivio, dall’altra bisogna anche avere riguardo per il contenitore: l’Abbazia di San Martino dei Bocci, un’architettura medievale che è stata restaurata e dal 2007 ospita lo CSAC. Nel 2015 l’Abbazia apre al pubblico e inizia un percorso di esposizioni tra le quali Ettore Sottsass Oltre il design, Leonardo Ricci architetto. I linguaggi della rappresentazione, 1968 Un anno, Esplorazioni dell’archivio. Fotografie della Via Emilia, fino alla recente mostra del 2024 Archivio paesaggio: l’Italia del secondo Novecento nelle collezioni CSAC.
Solo attraverso la consapevolezza del valore culturale e sociale dello CSAC, questo luogo potrà avere un futuro con il contributo fondamentale di tutti.

Immagine copertina: gli archivi del CSAC (foto dell’autore)

Autore

  • Emanuele Piccardo

    Architetto, critico di architettura, fotografo, dirige la webzine archphoto.it e la sua versione cartacea «archphoto2.0». Si è occupato di architettura radicale dal 2005 con libri e conferenze. Nel 2012 cura la mostra "Radical City" all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2013, insieme ad Amit Wolf, vince il Grant della Graham Foundation per il progetto “Beyond Environment”. Nel 2015 vince la Autry Scholar Fellowship per la ricerca “Living the frontier” sulla frontiera storica americana. Nel 2017 è membro del comitato scientifico della mostra "Sottsass Oltre il design" allo CSAC di Parma. Nel 2019 cura la mostra "Paolo Soleri. From Torino to the desert", per celebrare il centenario dell'architetto torinese, nell'ambito di Torino Stratosferica-Utopian Hours. Dal 2015 studia l'opera di Giancarlo De Carlo, celebrata nel libro "Giancarlo De Carlo: l'architetto di Urbino"

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Last modified: 27 Gennaio 2025