Viaggio tra i film recenti che ci raccontano. Cominciamo con tre pellicole (più una) che hanno per protagoniste donne in cerca di riscatto attraverso la professione
Il titolo di questa rubrica, che tratta dei film in cui l’architetto e l’architettura sono protagonisti, si ispira a quello della pellicola uscita nelle sale lo scorso anno Where’d You Go, Bernadette (Che fine ha fatto Bernadette?), regia di Richard Linklater. Per coincidenza della sorte, nel mio database che raccoglie questi film, occupa la scheda 2000. Racconta la fuga dell’architetta Bernadette Fox (Cate Blanchett) da Los Angeles a Seattle, e da questa al Circolo polare antartico. Un viaggio, una sfida, una nemesi. Che la professione sia in crisi non è una novità. Come a molte altre è chiesto di evolvere, di cambiare per continuare ad esistere. Il cinema da 120 anni racconta generosamente questa evoluzione, in tutto il mondo. La “finzione”, cinematografica e televisiva, presenta spunti di riflessione che vanno al di là delle semplici storie. I Paesi, le città, le abitazioni, i nuovi insediamenti, le periferie, le case e i territori sono diversi ma gli uomini e le donne sono sempre uguali, e gli architetti pure. È la globalizzazione bellezza!
In questo primo viaggio attraverso il cinema, tre proposte che iniziano dove finisce la storia “patinata”, “americana”, di Bernadette. Tre donne che, fuggite dai loro Paesi d’origine, tentano attraverso la professione il riscatto sociale, economico, famigliare. Storie di ordinario coraggio femminile.
Kotka v stenata, Cat in the Wall (Vesela Kazakova, Mina Mileva) – 2019 BG
Irina (Irina Atanasova), la protagonista, vive in una zona residenziale di Londra con il figlio piccolo Jojo ma, a differenza della maggior parte dei suoi vicini, è proprietaria dell’appartamento popolare in cui abita. Come architetta, Irina è il perfetto esempio d’immigrata con una buona istruzione che si lascia alle spalle un Paese corrotto alla ricerca di una vita migliore all’estero. Presto, tuttavia, si scopre che i suoi sogni di vita felice insieme al figlio sono contraddetti dalla realtà: crisi abitativa, gentrificazione, Brexit.
Baghdad in my Shadow, بغداد في خيالي (Samir) – 2019 CH/D/UK /IRQ
In un piccolo locale londinese, il caffè Abu Nawas, s’incontrano regolarmente i numerosi immigrati iracheni che cercano di sopravvivere nella metropoli. Tra questi Tahani (Zahraa Ghandour), un’architetta costretta a lavorare come cameriera: dopo essersi innamorata di un giovane collega, vuole divorziare dal suo influente marito Ahmed, ex informatore del regime di Saddam, restato in Irak. Poi c’è Zeki, ex comunista e proprietario del caffè innamorato di Tahani che non ricambia però le sue avance. Quando il marito Ahmed si presenta al locale, è tutta la comunità di esiliati a essere scombussolata.
Easy Land (Mirjana Jokovic) – 2019 CND
La regista serbo-canadese affronta l’esperienza degli immigrati in Canada attraverso la prospettiva di una relazione madre-figlia. Jasna (Mirjana Jokovic), un’architetta qualificata, e sua figlia Nina sono rifugiati serbi che si trasferiscono a Toronto per avere una vita migliore. Ancora traumatizzata dalle tragedie cui ha assistito nel suo paese d’origine, la salute mentale di Jasna è fragile ed è ulteriormente messa a dura prova dai lavori umili che deve svolgere per pagare le bollette. Anche Nina, che sta lottando per adattarsi al liceo canadese, deve affrontare delle sfide. Presentate con opportunità separate, madre e figlia devono capire come migliorare la loro situazione mantenendo intatto il loro delicato rapporto.
Immagine di copertina: una scena di Le conseguenze dell’amore, di Paolo Sorrentino
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Last modified: 27 Ottobre 2020
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