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Carla MolinariWritten by: , Città e Territorio

Ritratti di città. Le contraddizioni di Cambridge

Ritratti di città. Le contraddizioni di Cambridge

La città inglese divisa tra il conservatorismo delle aristocratiche tradizioni e una vocazione anticonformista di respiro internazionale

 

CAMBRIDGE (REGNO UNITO). Pompa, circostanza e la persistenza della memoria: questa è Cambridge, la città dell’Università, naturalmente, ma anche della ricerca avanzata di Stephen Hawking, dei cortili gotici alla Harry Potter, e dei privilegi Tudor. L’area urbana di Inghilterra con la popolazione più scolarizzata, e definita da “Varsity” (il giornale a firma degli studenti di Cambridge, datato 1947) una Londra 2.0, Cambridge è città di contraddizioni, divisa tra il conservatorismo delle aristocratiche tradizioni inglesi e una vocazione anticonformista di respiro internazionale.

Queste contraddizioni diventano evidenti, come spesso accade, nell’architettura. La città si offre da un lato come celebrazione del glorioso status accademico e culla per raffinati progetti con budget impossibili, dall’altro vittima di speculazioni e consumo di suolo che modificano irrimediabilmente il tessuto urbano e il rapporto con la campagna.

 

Le quasi-aperte corti accademiche

Cambridge, con i suoi 145.000 abitanti circa, è una città in realtà non molto grande, a meno di 100 km da Londra. Fondata probabilmente già in epoca preistorica, ha vissuto tutti i periodi di occupazione dell’Inghilterra, dai Romani ai Vichinghi, dai Sassoni ai Normanni. Nel 1209 viene fondata (da un gruppo di studenti che scappano da Oxford) l’omonima Università, che cambierà per sempre l’immagine urbana, ma anche lo sviluppo economico, sociale e culturale della città.

Il visitatore che arriva a Cambridge non può non rimanere affascinato dagli edifici dei college: corti sontuose, antiche e preziose, a servizio della conoscenza, che definiscono la struttura, così come l’anima, della città. I college sono parte integrante della corale e contraddittoria armonia urbana, ognuno con la sua identità, la sua iconografia, i suoi santi patroni e i celebri villain (basti pensare al Trinity, college di tre re e cinque spie sovietiche), ma anche con le proprie tradizioni comuni, così come comune è la struttura tradizionale dei college stessi.

Le “courts”, i grandi cortili quadrangolari che uniscono dormitori, refettori, aule e biblioteche sono una tipologia a parte, che rimanda all’architettura militare e religiosa, ma che hanno anche lo scopo di centuriare il paesaggio, stabilire confini e poteri. Come è facile evincere anche dalle mappe più antiche, queste corti sono spazi semi-pubblici che ancora riescono a stupire, ma anche intimidire. Solo alcune sono accessibili e aperte, la maggior parte è chiusa al pubblico, o visitabile solo previo pagamento di un biglietto o accompagnati da un “college master”. Così il semi-pubblico risulta spesso semi-privato, e dietro alte mura, torri e cancelli in ferro battuto con stemmi e motti in latino, si nascondono spazi del privilegio.

Lo scontro è sociale ed economico, ma anche morfologico. Una vista dall’alto permette di cogliere questa dualità, la geometria rigorosa e netta dei cortili che si scontra con il paesaggio, mollemente adagiato su bassi rilievi e le sinuose anse del fiume Cam. E forse proprio questa rigida tipologia quadrangolare, tradizionale, assodata e accettata ha dato modo agli architetti di sperimentare, d’innovare dove possibile, e di ribadire, quando necessario.

 

Culla di committenze, tra moderno e contemporaneo

Senza dimenticarsi mai delle glorie gotiche e degli sfarzi intellettuali, Cambridge è una città che ha dato sempre spazio ai pensatori e creativi del suo tempo, inclusi architetti. Citata in ogni libro di storia dell’architettura, odiata da studenti e studiosi per i problemi di climatizzazione e isolamento acustico, ennesimo simbolo della contraddizione cantabrigense, la History Faculty Library è stato il primo dei tre edifici universitari di James Stirling. Forse il più famoso edificio del XX secolo di Cambridge, questa biblioteca è uno dei primi esempi di tentata dissoluzione del paradigma quadrangolare, ma non la sola. Tantissimi sono infatti gli edifici realizzati tra 1960 e 1970 che, con alterne fortune, hanno definito l’aspetto contemporaneo della città. Tra questi ricordiamo la Facoltà di Arti (Sidgwick Site) di Hugh Casson e Neville Conder (1961), la meravigliosa Harvey Court di Colin St John Wilson e Leslie Martin (1962), il Fitzwilliam College di Denys Lasdun & Partners (1964), l’estensione del Corpus Christi College di Dowson e Arup (1964), il Churchill College di Sheppard Robson & Partners (1966), la New Hall di Chamberlin, Powell & Bon (1966), la New Court del Christ’s College ancora di Lasdun (1970). Una serie di capolavori dell’architettura inglese del dopoguerra.

Edifici quasi sempre di altissima qualità, con dettagli vernacolari, o eruditi, o anche sarcastici, ma sempre celebrativi della tradizione universitaria. Così arriviamo agli esperimenti più contemporanei, tra cui la trilogia di Niall McLaughlin, uno degli architetti più celebrati del momento nel Regno Unito, autore della WongAvery Music Gallery (2021), contemporaneo tempietto bramantesco nella Avery Court del Trinity Hall, dell’estensione del Jesus College (2017), e dell’elegantissima Magdalene Library (2021). Di nuovo una biblioteca, e di nuovo un progetto diventato emblema di un’architettura creativa e moderna (tra l’altro vincitrice dello Stirling Prize nel 2022), ma in questo caso capace di dialogare apertamente con i fasti delle corti accademiche con le sue eleganti torri e il luminoso vuoto centrale.

Tra i progetti più recenti, vale la pena citare anche due nuove mense universitarie. Quella dell’Homerton College di Feilden Fowles (2022) è emblema d’innovazione tettonica grazie all’intelligente uso di legno per struttura e ambienti interni, e rame ossidato a coronare la facciata. Mentre quella del Jesus College, ad opera di Paul Vonberg Architects, è un blocco elegantemente separato dal corpo principale, con accenni michelangioleschi nel trattamento della parete di mattoni, e un delicato e certosino lavoro di scultura della pietra, e le finestre termali provocatoriamente poste al piano terra.

 

La periferia: tra noia, innovazione e campagna

La città-college è però anche una città normale.

 Al di fuori delle grandi arterie universitarie, al di là delle “courts”, delle cappelle, delle biblioteche e delle mense, c’è anche una città di case, di negozi, di centri commerciali, ospedali, e trasporto pubblico. Mentre i college e le loro strutture si sono estesi tra le vie del centro, le zone residenziali e gli altri servizi ancillari si sono spostati nella periferia più prossima, intervallati da parchi rigogliosi con mucche che pascolano liberamente tra curiosi turisti.

Parzialmente legati al mondo accademico, troviamo anche una serie di nuovi laboratori e centri di ricerca nella zona della Silicon Fen, l’area high-tech che si estende fuori dal centro urbano. Tra questi il Laboratorio Sainsbury di Stanton Williams (2010) e l’AstraZeneca Discovery Centre a firma di Herzog & de Meuron. Nonostante questi edifici dovrebbero dimostrare una sensibilità diversa, legata alle funzioni e anche ad un paesaggio urbano differente, la tradizione di Cambridge sembra influenzare anche Herzog & de Meuron, che tra trasparenze e riflessi, si rifanno nuovamente alla tipologia a corte.

Simili anche le esperienze delle nuove zone residenziali, cresciute enormemente negli ultimi anni. La grande ricchezza dei college e della Silicon Fen ha contribuito a generare un aumento di lavoro, a tutti i livelli, e i lavoratori scarsamente o per nulla qualificati, non potendo avere accesso al mercato immobiliare del centro, sono stati allontanati dalla città storica. Nel 2020 il costo delle case a Cambridge era 12 volte superiore al guadagno medio, con un decimo delle famiglie ad avere accesso a sovvenzioni e sussidi per l’alloggio. L’espansione delle zone residenziali ha visto il susseguirsi di nuovi progetti, tra i più recenti ci sono la Marmelade Lane Cohousing Development di Mole Architects (2018), il complesso University Key Worker Housing di Mecanoo (2018) e la Great Kneighton Housing di Proctor and Matthews Architects (2019). Anche questi edifici residenziali si dimostrano attenti, efficienti, e sempre storicamente e linguisticamente corretti. Così anche le case di Mecanoo sono in mattoncini chiari, con leggere strombature bianche alle finestre, e una serie di corti interne. Forse si riveleranno più interessanti i progetti, ancora in cantiere, di Sarah Wigglesworth Architects, parte del North West Cambridge masterplan e alla ricerca di una sostenibilità sociale, e di Alison Brooks ad Eddington, espansione per una Cambridge net-zero. La contraddizione sembra in ogni caso essere elemento chiave di molti di questi progetti residenziali, dove i delicati disegni con sofisticati schemi concettuali di alcuni architetti selezionati si scontrano con infiniti altri schemi dei grandi imprenditori immobiliari, da David Wildon Houses a Hill, da Barratt Developments a Bellway.

 

Le mille e una Cambridge

Ecco, quindi, i due grandi protagonisti di questo dramma urbano: il sistema dei college e la città residenziale. Nelle contraddizioni architettoniche, ritroviamo tutte le complessità di questa città. Tra i budget ultramilionari destinati a piccoli e raffinati progetti, troviamo dunque le astronomiche cifre richieste per accedere all’Università e al sistema dei college. Nelle pieghe di questi privilegi, lo spazio eticamente grigio di una committenza illuminata che riesce a promuovere libertà creativa (ma mai eccentrica), e di una culla intellettuale che ad oggi è stata luogo di formazione per 121 premi Nobel. Cambridge è la città che incarna la domanda che tutti noi custodiamo privatamente negli spazi più remoti della nostra coscienza: può l’eccellenza essere di e per tutti? Questa doppiezza è forse il più evidente carattere di Cambridge: aristocratica ma democratica, regale ma anarchica, progettata ma naturale, controllata ma libera.

Immagine di copertina: Homerton College di Feilden Fowles (© Jim Stephenson)

 

 

Autori

  • Carla Molinari

    Senior Lecturer in Architecture e Direttrice del Corso di Laurea Triennale in Architettura presso la Anglia Ruskin University in Gran Bretagna, dove insegna storia, teoria e progettazione dell’architettura. Ha insegnato alla Leeds Beckett University, University of Liverpool, e Sapienza Università di Roma, dove si è dottorata in Architettura. Teoria e Progetto nel 2016. Ha pubblicato su architettura e cinema, teorie spaziali e compositive, rigenerazione urbana, e strategie narrative per l’architettura. Nel 2020 ha vinto un Paul Mellon Research Grant per una ricerca d’archivio su Gordon Cullen, e nel 2016 ha ricevuto la British Academy Fellowship dalla Accademia Nazionale dei Lincei per un progetto su Peter Greenaway e Sergei Eisenstein. Nel 2018 ha pubblicato il libro “Architettura in Sequenza” con Quodlibet.

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  • Marco Spada

    Architetto e urbanista, ha ottenuto il PhD in Architettura, teorie e progetto presso l’Università Sapienza di Roma con una tesi sul paesaggio postindustriale. È stato inoltre Honorary Associate presso il Department of Geography and Planning della University of Liverpool dove ha studiato le implicazioni delle dinamiche di rigenerazione industriale sull’ambiente urbano. Ha svolto attività di ricerca in Italia, Polonia, Kenya e Regno Unito. Specializzato in narratività urbana, sostenibilità ed economia circolare in ambienti urbani, attualmente è Lecturer in Architecture presso la University of Suffolk

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Last modified: 21 Novembre 2023