Intelligenza artificiale e progetto

Inchiesta a cura di Daniele Verdesca

 

Il dispiegarsi di una nuova prospettiva posta dalle intelligenze artificiali (IA), dalla loro creatività sintetica e da come quest’ultima possa influenzare, positivamente o negativamente, la progettazione architettonica nei prossimi anni (non domani, ma oggi) richiede uno sforzo di visione complessiva in grado d’intercorrelare tre specifiche dimensioni, al fine di mettere in evidenza le diverse prospettive di lettura del fenomeno:

  1. la dimensione tecnica, per comprendere il funzionamento della creatività sintetica
  2. la dimensione professionale, sui potenziali benefici/danni per i progettisti
  3. la dimensione culturale intergenerazionale, ossia su come valorizzare i talenti di nuova generazione e, al contempo, canalizzare positivamente le loro energie creative grazie all’esperienza fattuale di chi li ha preceduti.

Questo dossier sulle IA e il loro impatto sui processi progettuali e creativi ha perciò lo scopo di aprire una riflessione multidimensionale, ovvero che non si appiattisca sui classici antagonismi che si sviluppano ad ogni cambio di epoca e di paradigma: tradizione vs innovazione, cultura vs tecnologia, etica vs pragmatismo, uomo vs macchina, luddismo vs scienza.

Ecco perché diviene fondamentale, in primis, dare l’abbrivio a una riflessione mirata a esplicitare cosa debba intendersi, effettivamente, con i termini IA e creatività sintetica. E come essi differiscano sostanzialmente da quella biologica tradizionale. Comprendere la differenza semantica e ontologica tra le due “intelligenze creative” è il primo passo, fondamentale, per potersi appropriare consapevolmente della nuova forma mentis progettuale. E quindi comprendere le ricadute operative per la categoria dei progettisti. Ponendosi, di fatto, in una logica vincente di pars construens, piuttosto che in quella, soccombente, fatta da battaglie culturali luddiste d’industrial memoria. Governare i processi piuttosto che esserne governati.

Ciò non è però sufficiente. Una volta ben compreso cosa sia effettivamente la nuova creatività sintetica, è strategico porre l’attenzione su come si possa operativamente guidare la progettazione architettonica, o urbanistica o del design, verso confini ora resi possibili dalla nuova capacità di calcolo delle macchine. E, al contempo, come orientarla verso un profilo etico, socioeconomico e di sostenibilità intergenerazionale, che solo la consapevolezza morale dei limiti dell’umano agire può garantire. Diversamente, le IA potrebbero arrivare a disintermediare del tutto il ruolo professionale dei progettisti, prospettando soluzioni e scelte direttamente ai decisori pubblici o privati, eradicando secoli di cultura e valori che architetti, urbanisti e designer hanno costruito nel tempo.

Ma ancora il quadro multidimensionale non è completo. Diviene necessario iniziare a sviluppare un modello culturale e formativo-professionale per gli architetti di nuova generazione che vogliano apprendere una diversa forma mentis progettuale. Ossia come potenziare la “creatività biologica” sfruttando la “creatività sintetica”. Ciò richiede una modifica radicale del processo di apprendimento, utilizzando archetipi concettuali e visioni cognitive che solo le NexGen possono governare con autorevolezza, essendo esse stesse native digitali. Non senza però una riflessione su come equilibrare gli sviluppi evolutivi della progettazione, al fine di non superare soglie etico professionali, i cui effetti o ricadute postume non sono, ad oggi, in alcun modo prevedibili. Consapevolezza, visione, ethos: i nuovi pilastri paradigmatici perché i progettisti, gli urbanisti e i designer siano i nuovi protagonisti dell’era delle intelligenze artificiali, in cui l’incerto è l’unica certezza e il cambiamento la sola cosa stabile.

L’augurio è che questa inchiesta possa stimolare un dibattito dialettico, soprattutto con i non architetti, mirato a costruire le bussole per le nuove generazioni: non tutti prenderanno lo stesso mezzo di trasporto e il percorso sarà diverso per ognuno. Ma deve essere chiaro, come lo è per una bussola, qual è il Nord, orizzonte da non perdere mai di vista.

 

 

PS: come tutte le nostre inchieste, anche questa è aperta a contributi e commenti che potrete indirizzare a redazione@ilgiornaledellarchitettura.com

 

 

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