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Giacomo "Piraz" PirazzoliWritten by: Reviews

Quito, la Biennale Panamericana è tutta digitale

In Ecuador, la 22° edizione della BAQ (Biennale Panamericana di Quito) ripensa il proprio formato

 

Sulla base di una prassi cominciata nel 1978 e consolidata attraverso una costante presenza, la Biennale Panamericana di Quito (BAQ) celebra la 22° edizione (9-20 novembre), in questo anno reso difficilissimo dalla pandemia, grazie al coraggio di ripensare il proprio formato. Completamente ridisegnato come spazio di dialogo, scambio e riflessione per fruizione remota, il percorso assume le tre linee Ricerca, Concorsi e Attività culturali per svilupparle attraverso il tema generale della trasformazione.

Di questo schema come Ricerca accademica fa quindi parte la “misura della trasformazione”, con 75 opere scelte che vanno dal Sesc 24 de Maio di Paulo Mendes da Rocha, al “nuovo” RijksMuseum Amsterdam di Cruz y Ortiz, a meno noti ma certamente interessanti interventi usualmente considerati “minori”; si tratta di casi-studio che vengono precedentemente selezionati e analizzati in modo collettivo nel corso dell’anno, in dialogo tra 27 università latinoamericane e 26 studi professionali nel mondo; gli elaborati così prodotti vengono quindi discussi in forma di rassegna durante la Biennale, ove ciascuna opera viene presentata da un critico internazionale, con interviste ai progettisti a seguire.

Nella sezione Concorsi sono selezionate occasioni di riflessione che usano il sistema del premio per indicare opere ritenute interessanti. In questo caso abbiamo il Premio Panamericano suddiviso in quattro gruppi, ciascuno con una giuria mista nazionale e internazionale di tre membri: casa uni e plurifamiliare; infrastrutture, edifici amministrativi, istituzionali e d’imprese, architetture minime; interventi in opere vincolate o d’interesse storico, ovvero interventi in architetture non vincolate, interventi in spazi pubblici e/o collettivi; libri, riviste e pubblicazioni accademiche. A seguire, tre giurie totalmente internazionali, sempre di tre membri ciascuna per: Premio nazionale; Premio mondiale Abitazione sociale; Premio Medaglia d’oro per gli studenti. Con queste premesse, ogni premiazione comprende la presentazione dei lavori della giuria e il conferimento del relativo premio.

Per quanto riguarda le Attività culturali, il tema della trasformazione viene integrato con “Memoria e Archivio”, aggiungendo quindi contenuti multimediali anche attraverso “MIO20. Architettura aperta progetto”, che guarda alle contaminazioni interdisciplinari su audiovisivo e immagine a partire da otto opere emblematiche della città di Quito. Affiancano questa parte otto casi studio sul radicamento, indagando in particolare i vincoli con le comunità locali. Completa la sezione un’ampia galleria digitale che raccoglie ricerche, mostre e progetti realizzati per la Biennale, tra i quali vale almeno ricordare “Quattro architetti moderni: Karl Kohn, Oswaldo Muñoz Mariño, Milton Barragán Dumet e Ovidio Wappenstein”.

Le iniziative della BAQ si aprono con la lezione magistrale dell’architetta Momoyo Kaijima (Atelier Bow Wow e docente al Politecnico di Zurigo), per poi articolarsi attraverso le mostre, le tavole rotonde, le sessioni critiche ed i contenuti di cui sopra.

Avendo preso parte ai lavori di una delle giurie, posso testimoniare non solo l’ottimo livello organizzativo della BAQ come l’alta motivazione etica sempre presente in ogni scelta a partire dalla sessione plenaria di coordinamento, ma anche – e questo sì da vero insider – al piacere del lavoro specifico sempre all’unanimità con le colleghe Alessandra Cireddu (studio EMA-Espacio Multicultural de Arquitectura e ITEMS, Mexico), Daniela Urrutia e Constance Zurmendi (studio UZ:AA e FADU-Universidad de la República, Uruguay), coadiuvati da Virginia Gutiérrez (Gosto Studio e FAD-Universidade de Los Andes, Colombia).

Rispetto alle Biennali-fiera, in cui la visita dell’esposizione insieme alla festa-cerimonia di apertura è quasi tutto, la BAQ 2020 in remoto rappresenta bene questa parte del pianeta. Forse, senza troppe ambizioni “visionarie”, tuttavia con un non banale senso di realtà tra professione, ricerca e insegnamento – accresciuto dall’aver voluto affrontare senza rimandare a tempi futuri la presente edizione – la BAQ 2020 si offre come fruibile al mondo. Di più: è anche low carbon – basti pensare a quanto meno inquiniamo evitando lunghi viaggi, e a quanto guadagniamo in tempo e minor stanchezza.

 

P.S. Colgo l’occasione per annunciare un’altra Biennale Architettura di rilevante tradizione che si sta organizzando sempre in questa parte di mondo: la Biennale di San Paolo, che – dopo una serie d’iniziative d’informazione e riflessione pubblica – ha appena lanciato la nuova call per la curatela, confermando la scelta di trasparenza e qualità che aveva già informato la precedente edizione, la prima a proporre questa procedura felicemente diversa dall’incarico diretto e ben più coinvolgente e plurale.

Autore

  • Giacomo "Piraz" Pirazzoli

    Nato nel 1965, laureato in architettura a Firenze, PhD Roma-Sapienza e post-doc FAU-Universidade Mackenzie São Paulo. Dopo aver realizzato in Italia alcune architetture in collaborazione con Paolo Zermani, Fabrizio Rossi Prodi e Francesco Collotti, lavora in ambito interculturale tra musei, mostre e sostenibilità applicando le ricerche Site-Specific Museums e GreenUP - A Smart City che ha diretto, essendo dal 2000 professore associato presso il Dipartimento di Architettura dell’Università di Firenze. Già presidente dell’Accademia di Belle Arti di Firenze, è stato consulente presso ACE-CAE (Architects Council of Europe, Bruxelles), UN-UNOPS etc. Oltre che per mezzo di progetti, opere e relative conferenze, svolge attività internazionale anche come visiting professor e vanta oltre duecento pubblicazioni. Vive tra Firenze, l’Umbria e Rio de Janeiro.

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Last modified: 11 Novembre 2020