Visita alla nuova sede della banca, iconico e scultoreo edificio firmato dallo studio 5+1AA, affacciato sulla stazione Tiburtina dell’alta velocità
Il cantiere della nuova sede BNL-BNP Paribas di Roma Tiburtina è stato ultimato in questi giorni e porta la firma dei 5+1AA. Lo studio genovese, che di recente ha ottenuto il riconoscimento dell’Urban Land Institute Global Award for Excellence per la realizzazione dei Docks di Marsiglia, ha sviluppato il progetto architettonico a partire dal concorso vinto nel 2012. In cinque anni e con un investimento di oltre 80 milioni è stato portato a termine un progetto complesso, dall’iter piuttosto tortuoso, che ha richiesto più di 50 procedure amministrative per acquisire i permessi necessari. È un’opera che arricchisce il panorama architettonico della Roma del terzo millennio e ripropone alcuni temi che hanno caratterizzato la recente ricerca dei 5+1AA.
Nel margine dell’Urbe
Guardandola dal finestrino del treno la nuova sede BNL-BNP Paribas appare come una corazzata di vetro arenata ai bordi della ferrovia. La mole è imponente e affilata e s’insinua vicino al fascio di binari che divide i quartieri Nomentano e Pietralata. La lunga parete di vetro è una quinta scenografica che si manifesta come un lampo straniante e che accentua i forti contrasti che caratterizzano questa parte di Roma. Aree di risulta o indefinite si accompagnano a tessuti residenziali densi circondati da infrastrutture che tagliano le relazioni urbane. Ferrovia e alta velocità, circonvallazioni e tangenziali, centrali elettriche e vuoti urbani fanno da sottofondo all’incompiutezza di un luogo di margine che il concorso per la nuova e strategica stazione Tiburtina (2001) avrebbe dovuto riordinare.
La piastra connettiva della stazione, con la quale il nuovo headquarter dialoga a pari scala e istituisce un rapporto dialettico verticale/orizzontale, si mostra invece orfana di parti e nessi collaterali rimasti incompiuti.
L’energia che sprigiona il nuovo edificio si sovrappone a questo scenario, apporta un nuovo potenziale e pone inevitabilmente degli interrogativi. I grandi flussi e le attività che si muoveranno intorno a quello che è destinato a diventare un quartiere terziario verticale, in cui si concentreranno più di tremila persone, dovrebbero essere un’opportunità per rigenerare un connettivo di spazi aperti, luoghi pubblici e di relazioni positive. Ma la città reagirà a questa sollecitazione, mettendo mano alle contraddizioni e ai nodi irrisolti ancora presenti?
La cattura delle nuvole
Il progetto assorbe le contraddittorie condizioni del contesto e sviluppa un’architettura bifrontale che si rapporta in modo diverso alla ferrovia e al quartiere di Pietralata. L’eco dell’affascinante opera di Luigi Moretti in corso Italia a Milano riecheggia per un istante come un riverbero della memoria modernista, per poi lasciare spazio alla personale ricerca dei progettisti, che ha al suo centro i tre “sentimenti” di “generosità, corpo, meraviglia”.
Il fronte verso est presenta un’eterogeneità di forme e materiali: le superfici vetrate si alternano al paramento in ceramica prismatica (quasi una costante nei recenti progetti dello studio genovese) e l’orizzontalità del fronte è interrotta da partiti diversi e alternati, dal movimento delle scale esterne, dalla preesistenza della torre/serbatoio in mattoni di Angiolo Mazzoni, dal grande blocco loggiato che chiude a nord. Il fronte ovest è invece omogeneo e affida l’espressione architettonica ai riflessi vitrei della luce che conferiscono al grande volume un effetto di dissolvenza.
Lo studio sui riflessi cangianti e sulla percezione visiva si ritrova nel coevo progetto delle torri di San Benigno a Genova, seppure con qualche distinguo. Nella città ligure le superfici sono movimentate da un gioco cromatico di variazioni sulle tonalità del blu e dal dinamismo dei blocchi scala angolari. A Roma la superficie è monocromatica, ad eccezione di sensibili variazioni nella parte basamentale e in corrispondenza dell’apertura sulla cisterna, ma è lavorata in fasce parallele che assecondano l’orizzontalità e si muovono con modulazione.
La composizione dei piani frammentati porta a un effetto scultoreo e a un’immagine iconica studiata per suscitare “meraviglia”. Il richiamo ad artisti contemporanei che esplorano il campo della percezione coinvolgendo i “riflessi” del mondo reale, come Dan Graham e Olafur Eliasson, è dichiarata. Con la poetica dell’artista danese, noto per muoversi ai confini tra arte e architettura, è in comune il tema della “natura artificiale”, del volere ricreare attraverso l’artificio umano aspetti che appartengono al naturale. Nei vetri dell’headquarter il cielo di Roma si rispecchia fugace e, come afferma Alfonso Femia, “non esisterà mai un momento in cui l’edificio sarà uguale al momento precedente”. È una specie di meccanismo caleidoscopico effimero che cattura l’azzurro e le nuvole e rende labile il confine tra il cielo e l’architettura.
Immagine di copertina: © Luc Boegly
superficie edificata: 75.000 mq superficie a destinazione terziaria: 39.000 mq capienza: 3.300 dipendenti lunghezza: 235 m altezza: 50 m piani: 12 fuori terra e 4 interrati concorso: 2012 progettazione: 24 mesi cantiere: 36 mesi conclusione del cantiere (esclusi gli interni): novembre 2016 inaugurazione: luglio 2017 costo: 83 milioni di euro
Chi sono i 5+1AA
Lo studio 5+1 è stato fondato a Genova nel 1995 da Alfonso Femìa, Gianluca Peluffo e Simonetta Cenci (nella foto di Ernesta Caviola) e si caratterizza per svolgere la propria attività all’interno di un ampio spettro di tematiche, affrontando il progetto architettonico e urbano a varie scale degli spazi dell’abitare, del lavoro, della cultura, dell’istruzione. La ricerca progettuale ha come principale sfondo d’indagine la città contemporanea e in particolare i temi, ad essa connessi, della riqualificazione urbana e del recupero e rifunzionalizzazione di edifici di particolare importanza. Numerose le città d’Europa e del Mediterraneo che sono interessate dai loro progetti e realizzazioni, tra le quali si ricordano Milano, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Genova, Savona, Palermo, Tangeri, Algeri, Istanbul, Il Cairo. Fra i numerosi progetti a scala urbana si segnala il masterplan grazie al quale Milano si è aggiudicata l’Expo 2015. Lo studio ha assunto nel 2005 la denominazione di 5+1AA agenzia di architettura e ha affiancato alla storica sede di Genova gli studi di Milano (2006) e Parigi (2007, con Nicola Spinetto associato dal 2009). Fra i numerosi riconoscimenti nazionali ed internazionali ottenuti in vent’anni di attività si ricordano il Premio europeo all’architettura Philippe Rotthier, il Premio internazionale The Chicago Athenaeum, l’AIT Award, il Leone d’argento alla Biennale di Venezia per il nuovo Palazzo del cinema e il titolo di “Benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte dal Ministero per i beni e le attività culturali”. Nel 2015, lo studio si è aggiudicato i concorsi per la costruzione di un complesso comprendente residenze, hotel e uffici direzionali a Créteil-l’Echat (Francia) e per il masterplan “Il Monte Galala” a El Sokhna (Egitto). Il progetto dei Docks di Marsiglia si è aggiudicato diversi premi internazionali e nazionali: il MIPIM Awards come “Miglior centro commerciale”, il LEAF Awards (Leading European Architecture Forum) come Commercial Building of the Year, l’ULI Global Award for Excellence (Urban Land Institute), il CasalgrandePrix, il The Plan Award, il Ceramics of Italy.
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5+1AA , concorsi , roma
Last modified: 9 Novembre 2016