Oltre che eccellente esempio di architettura alpina moderna, il villaggio Eni rappresenta un notevole caso studio per quanto riguarda l’evoluzione dei sistemi costruttivi prefabbricati in Italia. È interessante riconoscere come un sistema di prefabbricazione leggera, comunemente utilizzato per realizzare gigantesche e anonime costruzioni banalmente ripetitive, seguendo il sapiente progetto di un architetto competente, sensibile e tenace su incarico di un committente illuminato e colto, abbia potuto dar luogo a un complesso tanto interessante dal punto di vista architettonico per la qualità degli spazi realizzati, quanto dal punto di vista paesaggistico per la delicata e sensibile collocazione delle diverse unità e dei diversi percorsi a riqualificare un territorio alpino situato in posizione geografica incantevole ma gravemente compromessa. Caratteristica dell’intero complesso è l’ampia varietà della configurazione delle diverse unità residenziali che, con la loro studiata distribuzione, al contrario di quanto si possa pensare, riescono a restituire un insieme unitario e ben inserito nel contesto del paesaggio circostante.
In quegli anni, soprattutto in Germania e in Austria stava riscuotendo un notevole successo il sistema costruttivo prefabbricato Eraclit-Calcestruzzo (ER-CAL) che nella sua versione originaria era stato ideato per sostituire la consueta muratura in mattoni con una parete di calcestruzzo gettato tra due piastre di Eraclit quali cassero a perdere. Dei semplici passanti provvisori in ferro avevano la funzione di tenere e supportare le spinte orizzontali sulle piastre industriali posate in aderenza al getto, fino alla presa finale. Si otteneva così un elemento costruttivo portante di nuova concezione nel quale il calcestruzzo forniva la resistenza statica e l’Eraclit la protezione termica, l’isolamento contro l’umidità e il supporto per l’intonaco. Le lastre Eraclit isolanti, elastiche e resistenti al fuoco erano costituite da fibre di legno, impregnate di magnesite e indurite con un impasto di cemento.
Per il villaggio Eni il sistema ER-CAL è stato ulteriormente migliorato e reso ancor più sostenibile dal punto di vista economico introducendo la novità di utilizzare una sola piastra di Eraclit all’interno come cassero a fondo perduto, poi intonacato e rifinito, mentre per la faccia esterna il getto veniva lasciato a vista dopo essere stato contenuto fino alla maturazione da casseforme in legno realizzate con materiali di facile reperimento in loco, meno costosi e nella maggior parte dei casi riutilizzati più volte. Questo sistema ha consentito un metodo di lavoro particolarmente semplice per il quale, in edifici di piccola dimensione come le unità residenziali progettate da Gellner, si potevano addirittura evitare complesse e costose impalcature esterne. Proprio queste casseforme povere, spesso realizzate con scorzi di segheria, hanno dato all’intero villaggio la tipica finitura “brutalista” e ruvida tanto alle pareti opache esterne delle unità abitative quanto alla tessitura della superficie dei diversi tratti di muro di contenimento e piattaforme per le varie tipologie di percorsi che innervano l’area del villaggio.
Le unità unifamiliari erano raggruppate in zone residenziali di 60-80 abitazioni e costituivano poi delle unità collettive di circa 500 persone. Il tipo di unità residenziale prescelto fu una costruzione a piano unico dalla capacità variabile da 4 a 8 letti con una superficie utile di 47 e 66 mq. All’inizio del cantiere, al fine di collaudare il sistema costruttivo e verificare l’abitabilità degli spazi e la composizione delle superfici vetrate realizzate con serramenti in legno di tipo tradizionale composti secondo una precisa griglia di moduli e colori definita dall’architetto, sono state realizzate delle unità prototipo. Combinando le unità base quali una generosa zona giorno interna, uno o più moduli per le zone notte con servizi e un’ampia terrazza o un terrapieno, è stato possibile dar vita a un sistema ricco di differenze e ben integrato. La distribuzione degli elementi apparentemente casuale, in realtà risponde a un posizionamento rigoroso costantemente orientato a sud-ovest. Questa regola, di concerto con l’andamento delle curve di livello naturali e con la combinabilità delle singole unità, determina la varietà degli attacchi a terra sempre contraddistinti da muri principali di supporto in pietra, ciascuno dei quali a sua volta declinato nella sua geometria secondo la natura del terreno nel punto prescelto, a dare un risultato irripetibile. Anche per la caratteristica copertura sono state adottate soluzioni inusuali, in particolare con i due solai: uno inclinato in tavolame di legno e copertura in lastre in alluminio a proteggere dalle intemperie atmosferiche; l’altro con funzione prettamente termica di soffitto di chiusura superiore della cellula abitativa.
Il risultato ottenuto da Gellner con la determinante e illuminata complicità dell’ingegner Mattei ha dato vita a un complesso moderno e per nulla succube delle ricorrenti idee di “camuffamento stilistico” tipiche di taluni movimenti in aree culturali circostanti, ma che al contrario sperimenta e innova sia il metodo per leggere e ricucire un territorio fragile, sia l’uso di materiali, di un sistema costruttivo e di tipologie abitative innovative che ancora oggi possiamo studiare come esemplari.
Articolo principale
Ri_visitati. Il villaggio Eni a Borca di Cadore tra passato e futuro
(di Marco Adriano Perletti)
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Last modified: 28 Ottobre 2015