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Written by: Inchieste

Torino-Lione. «Un caso storico?»

Il conflitto sul Tav si è sviluppato attorno a tre nodi principali: l’impatto sul territorio, l’utilità dell’opera, il mancato ascolto delle popolazioni locali.  A distanza di sei anni dagli scontri di Venaus e dal conseguente blocco dei lavori, ci troviamo di fronte al nuovo progetto elaborato attraverso l’attività dell’Osservatorio. Siccome il livello del conflitto in valle di Susa rimane elevato (basta vedere l’accoglienza che ha ricevuto il cantiere della Maddalena a Chiomonte) ci possiamo chiedere: in questi anni sono stati compiuti passi avanti su ciascuno di questi tre aspetti? questi progressi sono stati percepiti dagli interessati? e come?
L’impatto sul territorio è stata la causa scatenante del conflitto che si è configurato sin dall’inizio come la reazione a un’«invasione» che avrebbe peggiorato senza rimedio le condizioni di vita della popolazione. Su questo aspetto l’Osservatorio si è proposto di ribaltare la prospettiva, impegnandosi a progettare un’opera che offrisse, al contrario, benefici e opportunità ai territori attraversati. Ha aumentato i tratti in galleria riducendo il consumo di suolo, ha configurato un nuovo sistema di gestione dei cantieri che potesse generare reddito e occupazione nella valle, ha curato l’inserimento della linea ferroviaria nel territorio attraversato. Il vecchio progetto è stato quasi interamente smantellato. Ma l’impressione è che queste novità abbiano fatto finora scarsa breccia sugli abitanti. L’ostilità alla nuova linea continua a essere diffusa, come hanno mostrato le recenti elezioni comunali ad Avigliana e Rivalta dove i sindaci no Tav hanno vinto senza particolari difficoltà. Il caso di Rivalta è interessante perché mostra che l’opposizione si è estesa nel frattempo oltre ai confini della valle, in seguito alla decisione di far passare la linea nella cintura ovest di Torino per servire lo scalo merci di Orbassano. Infine, un aspetto non da poco: è rimasto il tunnel di oltre 50 km sotto il Moncenisio. Per l’Osservatorio si tratta di un punto irrinunciabile perché è quello che permette di agevolare i flussi di traffico. Per molti abitanti è una violazione inaudita del loro ambiente.
La controversia sull’utilità della nuova linea ha fatto qualche timido passo avanti. È passato il tempo in cui i no Tav formulavano critiche documentate sulla sproporzione tra i volumi di traffico e le risorse impegnate per la nuova linea, mentre i pro Tav si guardavano bene dal rispondere o si limitavano a perorazioni generiche sullo sviluppo e sull’Europa. Ora, grazie all’enorme mole di lavoro svolta dall’Osservatorio il quadro sembra essersi riequilibrato.
Il governo ha recentemente controbattuto punto per punto alle osservazioni dei tecnici della Comunità montana (non lo aveva mai fatto prima, purtroppo). L’ottavo quaderno dell’Osservatorio ha proposto un’analisi costi e benefici dell’opera che dà risultati positivi, ma, nello stesso tempo, l’ha fatta seguire dall’intervento di un economista dei trasporti che critica aspramente i criteri usati per l’elaborazione di quell’analisi. La discussione è quindi aperta: è impossibile aspettarsi una convergenza tra i contendenti, ma sarebbe già molto se essi arrivassero a chiarire i punti fondamentali della controversia.
La recente scelta del realizzare la linea per fasi (lasciando per ora in funzione la linea storica tra Avigliana e Susa) e la conseguente diminuzione dei costi va obiettivamente incontro alle critiche ricorrenti sulla spesa esorbitante dell’opera.
Oggi è più difficile usare l’argomento della mancanza di ascolto. Questa volta il confronto c’è stato. L’Osservatorio ha svolto un accuratissimo lavoro con le parti interessate ed è stato in grado di tener conto di numerosi problemi che in passato erano stati trascurati. Si è trattato però di una sede esclusivamente istituzionale; le associazioni e i comitati non erano invitati; ha lavorato al chiuso; non è stato in grado di coinvolgere la cittadinanza attiva e nemmeno di informarla sull’andamento dei lavori; non ha aperto un sito web (se non per un brevissimo periodo). I sindaci hanno apprezzato il nuovo clima, ma poi – con l’avvicinarsi della progettazione della nuova linea – la maggior parte di loro ha ritenuto che non ci fossero più le condizioni per proseguire il confronto e ha abbandonato l’Osservatorio.
Ci troviamo quindi in una situazione ambivalente. L’Osservatorio ha lavorato sugli impatti e ha cercato di trasformarli in opportunità, ha elaborato dati e argomenti a favore dell’utilità di un’opera ridimensionata, ha sviluppato – sia pure tra mille difficoltà – un processo di confronto. Ora però la sua proposta si trova in bilico tra il vecchio e il nuovo. Il conflitto prenderà una piega diversa se prevarrà l’idea che si tratta della riverniciatura del vecchio Tav (come pensa il movimento e, credo, buona parte degli abitanti) o una soluzione diversa e alternativa. La battaglia per la ridefinizione della questione
è in questo momento quanto mai aperta e tutt’altro che scontata.

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Last modified: 8 Luglio 2015