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Written by: Inchieste

Il mercato immobiliare e la trasformazione urbana: la parola a Riccardo Bedrone

Pur tra luci e ombre, l’innegabile cambiamento sociale, economico, ambientale e d’immagine che Torino ha fatto registrare negli ultimi dieci anni nasce anche da una comunanza d’intenti, imprevedibile fino a poco tempo prima e certamente assente nel periodo della sua crescita esclusivamente quantitativa (anni sessanta e settanta) che ha unito parti sociali, associazioni, imprese, mediatori culturali ed enti locali nello sforzo di rilanciare la città.
Nei primi anni duemila questo tentativo si avvia concretamente con la nascita di «Torino internazionale», la struttura associativa cui hanno aderito tanti soggetti eterogenei per dare vita al Piano strategico. Il piano vede la luce con la partecipazione attiva di quanti credono nella possibilità di un rilancio diversificato della città, riscoprendo insieme nella sua storia politica, economica e urbanistica le ragioni per impegnarsi e avere fiducia.
Non siamo ancora a una pratica partecipativa diffusa e popolare, essendo piuttosto elitaria e dirigistica, ma è un buon inizio. Tanto che, giunti poi alla seconda edizione del Piano strategico (essendo nel frattempo mutate le condizioni economiche che avevano suggerito le previsioni iniziali) ed esauritosi poco a poco il convincimento di una sua attuazione rapida e fattiva, non si è attenuato lo spirito unitario che aveva spinto molti a mettere da parte ruoli, interessi, comportamenti particolaristici radicati e che ancora oggi li induce a pensare a un comune disegno per il futuro di Torino.
Un piccolo esempio può essere quello dell’Ordine degli architetti. Chi avrebbe mai creduto, a partite dai suoi stessi iscritti (una comunità professionale numerosa ma poco influente e per di più in forte caduta d’immagine) che una struttura nata nel dopoguerra con fini essenzialmente di autoregolamentazione potesse decidere, proprio a partire dalla necessità di un rilancio di se stessa presso l’opinione pubblica, di mettersi a disposizione per contribuire, come inusitato «operatore culturale», al più generale rilancio della città, pur con le sue limitatissime risorse?
L’Ordine ha affidato il riposizionamento della figura dell’architetto alla sua capacità di farlo nuovamente percepire come socialmente utile, mostrando quanto di buono l’architettura può fare per migliorare un ambiente di vita. Così, in questi ultimi dieci anni ha ideato e animato iniziative e manifestazioni prima inesistenti: una Fondazione; i premi di architettura; i riconoscimenti ai cultori dell’architettura; l’assistenza agli enti locali per promuovere i concorsi; la partecipazione costante al dibattito pubblico sulle trasformazioni urbane; l’organizzazione, nel 2008, del Congresso mondiale di architettura sotto l’egida dell’Union Internationale des Architectes.
Come per tanti altri soggetti, la voglia di prendere parte al rilancio della città è diventata una componente intrinseca dei suoi fini istituzionali, cui l’Ordine non intende rinunciare.

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Last modified: 10 Luglio 2015