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Written by: Inchieste

Immobilismo, coordinamento zero, espropriazioni e svendite

L’Aquila era una città-territorio cuore di un policentrismo del quale era un grande luogo di rappresentazione condivisa: il grande centro storico sorto sull’antica Aquìli. Diversamente dagli altri centri storici minori del sistema policentrico, in esso risiede gran parte del valore immobiliare e delle sue peculiarità di città storica dell’Italia centrale. E in esso si giocano i grandi interessi che stanno di fatto ostacolandone la ricostruzione.
A due anni dal sisma sempre più sono i proprietari che svendono il proprio pezzo di città a fondi immobiliari pronti a raccogliere gli effetti di tale immobilismo da una parte, e della totale assenza di coordinamento degli interventi nelle parti periferiche della città, dall’altra. Ciò determina una dispersione sempre maggiore sul territorio, già prepotentemente innescata dalla scelta localizzativa del Piano Case, nonché una «espropriazione» del centro storico ai suoi naturali possessori, gli aquilani, lasciandone le sorti in mani estranee, attente più alla speculazione che alle qualità che facevano di quel luogo un mirabile esempio di insediamento denso con una ricca mixité funzionale.
Dalle colonne di questo stesso giornale ci contrapponemmo al «com’era, dov’era» di Paolo Marconi (cfr. n. 76) sperando in sorti migliori per la città, in grado di conservarne la forma pur guardando al futuro. Punti di vista, questi, che se confrontati costruttivamente avrebbero certamente contribuito alla definizione delle migliori soluzioni per la città. In città questo dibattito non c’è stato se non in momenti sporadici promossi dal basso. Chi era, ed è, nella responsabilità di decidere del futuro dell’Aquila ha preferito simulare un qualche lavoro di elaborazione con il coinvolgimento finora sterile di un parterre di «saggi» di tutto rispetto e lasciare, di fatto, ancora tutto fermo. Il masterplan leggero secondo cui ripensare la ricostruzione non esiste. Non c’è una visione strategica. Manca a tutt’oggi un’idea di città.
L’iniziativa che è apparsa come la più promettente, ponendosi di fatto in forma di urbanistica partecipata, è stata promossa nel giugno 2010 su sei aree definite «a breve» intorno al centro storico. Concertata tra Struttura tecnica di missione e Comune, richiedeva la redazione di proposte di intervento da parte dei tecnici incaricati dai proprietari degli edifici e, in alcuni specifici casi, la possibilità di proporre progetti unitari per il ridisegno di intere porzioni di quartieri posti in prossimità delle mura. A due anni dal sisma l’unica proposta di progetto unitario presentata nell’assenza di garanzie economiche, sia per i proprietari degli immobili che per i progettisti coinvolti, è ancora in attesa del recepimento da parte del Comune.
Tra gli interventi eccezionali che hanno visto il coinvolgimento di nomi noti spicca il bel progetto di Renzo Piano per un auditorium «temporaneo». Una proposta la cui realizzazione sarebbe del tutto auspicabile ma ancora ferma per via della pessima gestione del processo decisionale, della mancanza di condivisione e di visione strategica nella localizzazione e nell’individuazione delle funzioni infrastrutturali. Basti solo pensare che per L’Aquila sono stati proposti ben quattro nuovi auditorium senza ancora iniziare il recupero delle tante strutture interne al centro storico, eccezion fatta per il ridotto del Teatro Comunale quasi per nulla danneggiato.

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Last modified: 10 Luglio 2015