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Written by: Professione e Formazione

Che cosa succederà? Regna una sovrana incertezza

Mai come quest’anno la programmazione dell’offerta formativa avviene in una fase di grande criticità per tutte le facoltà, non solo per Architettura. Al momento, molte non sanno se potranno garantire l’offerta per il prossimo anno per il numero di studenti, già programmato, considerati i pensionamenti dei docenti e lo stato di agitazione dei ricercatori. Non era mai successo.
I tagli finanziari, continui e indiscriminati oltre ai limiti posti sul turnover, potranno costringere le facoltà – nel pieno della crisi economica e sociale – a ridurre il numero degli studenti, che in Italia è molto più basso della media dei paesi Ocse. Come se non bastasse, l’Università attraversa una lunga e logorante fase di incertezza legislativa, dalla Nota 160 al ddl Gelmini, la cui evoluzione non è prevedibile per tempi e contenuti, ma che di fatto non risolve alcuni dei nodi più cruciali come la meritocrazia e lo scollamento tra ricerca e formazione e sistema economico e sociale. All’Università di fatto non è riconosciuto nel nostro paese alcun ruolo, né forse lo è mai stato, nonostante la ricerca e la formazione siano elementi propulsivi indispensabili per lo sviluppo del sistema economico, sociale e culturale.
Responsabilità e risorse. L’Università, che ha le proprie responsabilità, si trova ridotta a tentare di sopravvivere a una condizione di generalizzata sfiducia dopo essere stata illusa che, superati i tagli, il sistema sarebbe stato rilanciato sulla base della premialità a partire dalla valutazione della ricerca e della didattica, cui le facoltà di Architettura, ma non solo, non si vogliono assolutamente sottrarre. Non crede che le inefficienze e le distorsioni del sistema debbano essere eliminate ricorrendo a provvedimenti che colpiscono in modo indiscriminato, come la Nota 160 che avrebbe dovuto modificare l’assetto dell’offerta formativa realizzata con l’applicazione del decreto 270, con l’obiettivo di ridurre il numero dei corsi, giudicato eccessivo. L’Università ritiene che non si possa riformare senza l’investimento delle risorse necessarie, avvalendosi ovviamente di un severo sistema che ne valuti efficienza ed efficacia.
Crisi economica e prospettive. La crisi economica – data la sua vastità e profondità – sta già avendo rilevanti ricadute sociali, con effetti gravi destinati a perdurare nel futuro e con sconvolgimenti radicali per le nuove generazioni. La crisi, va ricordato, ha una portata globale, riguarda le economie occidentali, investe l’Europa ed è particolarmente acuta nel nostro paese. Si sta manifestando in termini di competitività sui mercati internazionali, che si gioca, anche se non solo, attraverso l’innovazione tecnologica, che a sua volta dipende dalla ricerca e dalla formazione. Purtroppo si è soliti considerare «sviluppo» l’innovazione tecnologica come una prerogativa delle facoltà tecnico-scientifiche, per lo più quelle di Ingegneria, e del sistema industriale.
Architettura, Beni culturali e Design per lo sviluppo. Nell’Architettura e nel Design si sta invece assistendo a un processo continuo di trasferimento tecnologico e di innovazione a tutto campo, che investe i modi di progettare – l’«advanced architecture», i modi di costruire, in cui è evidente l’innovazione del settore energetico e dei materiali, i modi stessi di fruire del territorio e dell’architettura, tra cui vanno richiamati il ricorso all’Ict, dalla domotica sino all’impiego delle nuove tecnologie interattive oggi sempre più utilizzate negli allestimenti e nei musei virtuali. Il territorio è sempre più oggetto di trasferimento tecnologico, dalla sua qualità dipende anche la competitività delle imprese, esso stesso rappresenta una risorsa da valorizzare anche sul piano economico. La ricerca e la formazione, dunque, nei campi dell’architettura, dei beni culturali e del design possono contribuire allo sviluppo: sollecitando le imprese di costruzioni a innovazioni di processo e di prodotto; aiutando le pubbliche amministrazioni, che hanno competenze di governo nel territorio, ad avviare processi di razionalizzazione e riforma a partire dalle pratiche amministrative legate al processo del progetto; supportando la valorizzazione delle risorse storiche, architettoniche e ambientali; aiutando le politiche indirizzate alla sostenibilità ambientale, di cui quella energetica rappresenta oggi la più evidente ma non la sola, se si pensa alla ricerca sui nuovi materiali o alla sostenibilità nella sua dimensione anche sociale, oggi ben rappresentata dal social housing. Ancora una volta, emerge la rilevanza pubblica e sociale dell’architetto, la natura del suo lavoro, indispensabile per assicurare la qualità del vivere, il suo essere nel contempo project manager, progettista ma anche colui che ha le capacità per intervenire in una miriade di professionalità, da fare emergere e da ricercare nel privato e nel pubblico, lungo il processo che va «dall’ideazione, alla progettazione, all’esecuzione fino a comprendere la gestione delle architetture realizzate».
La Conferenza dei presidi delle facoltà di Architettura intende affrontare il nodo cruciale tra formazione e sbocchi professionali a partire dalla verifica del dm 270 e in modo aperto, non autoreferenziale, ossia coinvolgendo il Cnappc, l’Ance, Afm, la pubblica amministrazione oltre al Cun e al Miur, anche al fine di fare conoscere, promuovere e valorizzare una figura professionale che non può essere relegata e identificata con le cosiddette «star delle architetture spettacolarizzanti».
Rocco Curto
Preside della Facoltà 2 di Architettura di Torino e presidente della Conferenza dei presidi delle facoltà di Architettura

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Last modified: 16 Luglio 2015