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Written by: Città e Territorio

Rigenerazione urbana a Hong Kong: l’agopuntura fa effetto

HONG KONG. La città si dichiara apertamente nel suo stesso nome: regione amministrativa “Speciale” della Repubblica Popolare Cinese. Speciale lo è, per molti aspetti: una storia unica al mondo, due lingue ufficiali molto diverse per struttura linguistica e tradizione, una cultura appartenente sia al mondo occidentale che a quello orientale. Potremmo definirla una “città ossimoro”: Occidente e Oriente, giungla urbana e natura selvaggia, ricchezza estrema e povertà, lusso e fatiscenza, nord e sud (Kowloon e HK Island si presentano molto diverse tra loro), Cina e Inghilterra. L’unico binomio mancante in questo intreccio di opposti è quello che contrapporrebbe vecchio e nuovo. Hong Kong può infatti definirsi dal punto di vista del costruito una città nuova; è un continuo cantiere in cui il vecchio viene distrutto per essere sostituito. Il suolo ridotto e la popolazione che supera i 7 milioni hanno determinato un’altissima densità abitativa a cui conseguono la crescita verticale e vertiginosa della città e una sua continua espansione verso gli angoli più angusti (la città non può infatti espandersi geograficamente poiché si scontrerebbe da un lato con le frontiere della Cina e dall’altro con il mare). L’eccesso di pieni sui vuoti non ha giovato alla qualità degli spazi privati: gran parte degli abitanti vive in appartamenti microscopici e molta della socialità è rimandata alle terrazze e agli ultimi piani delle torri, a eccezione dell’area di Central in cui la vita in strada diventa il cuore pulsante della città, in contrapposizione ai mega contenitori urbani che la sovrastano, dove per lo più si espletano funzioni commerciali ed economiche.

Cultura e recupero urbano come valori identitari
Nonostante la connotazione finanziaria della città in generale, negli ultimi 10 anni si è registrato un crescente interesse verso il mondo dell’arte (design, moda e arte figurativa), con conseguente attenzione alla storia e al desiderio di definire la propria identità all’interno di un melting pot variegato. Questo fermento ha comportato l’individuazione e la promozione di spazi destinati a funzioni ricreative e culturali. Il programma “Conserving Central” varato nel 2009 dall’Ufficio dello sviluppo urbano (Development Bureau), dichiara il suo intento nello stesso nome e ha interessato otto edifici della città. Il programma prevede il mantenimento di alcune strutture emblematiche, la riconversione di altre e acune costruzioni ex novo al fine di sfruttare al massimo il valore storico e sociale delle aree di Central e Western District; attualmente buona parte delle opere è stata completata.
Mentre per la grande operazione del Kowloon Cultural District, approvata dal capo dell’Executive-in-Council nel gennaio 2013 e ampiamente mediatizzata negli ultimi quattro anni, è appena partito il cantiere (masterplan di Foster & Partners), si possono apprezzare gli effetti della crescente sensibilità urbana guardando, a circa un anno dall’inaugurazione, agli esiti di un’operazione ben più modesta ma non trascurabile sotto il profilo del metodo: il PMQ.

Il caso dell’ex Police Married Quarter
Il PMQ era diventato parte del suddetto programma nel 2009 e al di là di ogni possibile critica, è un valido esempio di riconversione funzionale. L’edificio originariamente ospitava la Central School, prima scuola pubblica primaria e secondaria di Hong Kong a garantire un’educazione occidentale. Già nella sua storia si può quindi leggere una propensione al mondo occidentale e alla sua accezione di cultura. Il campus era inizialmente situato in Gough Street, ma nel 1889 la scuola fa trasferita nell’angolo tra Aberdeen Street e Hollywood Road, rinominata Victoria College. L’edificio, seriamente danneggiato durante la seconda guerra mondiale, venne ricostruito nel 1948 con la nuova funzione di PMQ, pensione per i poliziotti sposati della città, fino alla sua dismissione nel 2000.
Nel 2010, a seguito del programma “Conserving central”, il progetto è stato assegnato alla Culture Charitable Foundation Limited e alla Muskeeters Education con il supporto dell’HK Design Centre e dell’Università Politecnica di Hong Kong al fine di trasformare il sito in un centro culturale e creativo di riferimento urbano per l’arte e il design, dove giovani artisti e designers potessero avviare la loro attività supportati dall’intera città, mantenendo l’acronimo PMQ. La Muskeeters Foundation ha costituito una fondazione a supporto dell’iniziativa e il progetto, finanziato in gran parte dal governo, ha beneficiato di un investimento di circa 50 milioni di euro. Il Governo di Hong Kong, come quello cinese, è e rimane l’unico committente di tutte le opere a uso pubblico, facendosi carico di oneri e onori della loro realizzazione.
La sua architettura in “Western Style”, come direbbe qualche abitante della metropoli, non lascia spazio a piastrelle e decori orientali, solo intonaco bianco e terrazze a ogni piano.
Due corpi simmetrici si erigono perpendicolarmente a una strada in forte pendenza e s’inscrivono in un linguaggio che nel complesso potrebbe richiamare il rigore razionalista; squadrati e bianchi, sono scanditi da cornici e ringhiere verdi che non alterano la matrice razionale del complesso. Un corpo ponte, che determina una forma a C e circoscrive una piazza all’interno del perimetro, è stato inserito per collegarli al terzo e quarto piano garantendo una permeabilità interna ai due blocchi. Nonostante l’apparente rigore geometrico le funzioni interne non sono rigide, così come non è possibile tracciare un percorso standard di attraversamento dell’edificio. La piazza interna è giornalmente teatro della vita creativa della città, ma anche semplice ritrovo piacevole e meno soffocante rispetto al contesto circostante.
Le aggiunte apportate dalla ristrutturazione si distinguono dai corpi madre: l’uso preponderante di colori quali il rosso porpora e il grigio scuro o, nel caso del corpo ponte e della copertura, l’uso massivo del vetro, tenuto in piedi da ragni metallici, richiamano un tipo di restauro caro alla scuola milanese, che dichiara apertamente la cronologia delle ristrutturazioni del manufatto, pur non escludendo risanamenti delle parti storiche danneggiate.
Il cambio di destinazione funzionale ha giovato non solo alla sua architettura ma anche alla città stessa. Salendo dal piano terra s’incrociano attività connesse alla moda, bar, ristoranti con cucine diverse, piccole attività commerciali legate al design e alla manifattura, fino ai piani superiori dove si espletano le funzioni creative per eccellenza: progettazione architettonica e design. La qualità degli spazi, ma soprattutto la risposta sociale registrata dall’inaugurazione a oggi, hanno confermato la riuscita dell’intervento, ripagando la rinuncia all’ennesimo grattacielo e hanno restituito qualche piacevole domenica ai cittadini, in una città che nonostante si stia affacciando da poco alla cultura intesa all’italiana, potrebbe insegnare qualcosa a chi continua solo a teorizzarla. Il PMQ, a onta di ciò che molti definirebbero un esercizio funzionale accademico, poco concreto e troppo teorico, si è affermato come uno dei progetti meglio riusciti della città di Hong Kong.

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Last modified: 30 Giugno 2015