Chiesa dell’Immacolata a Terni: adeguamento o manomissione?

Chiesa dell’Immacolata a Terni: adeguamento o manomissione?

 

Nell’ambito della collaborazione con DoCoMoMo Italia, riflettiamo sui danni che potrebbe provocare l’intervento sull’opera di Giuseppe Nicolosi

TERNI. La chiesa dell’Immacolata di Giuseppe Nicolosi sta subendo pesanti e inqualificabili manomissioni attraverso un intervento di “adeguamento”. Nella navata principale le strutture in pietra e in calcestruzzo a faccia vista, nonché il gioco di falde della copertura, verranno totalmente schermate e gli spazi ne usciranno letteralmente cancellati. Le navate laterali, analogamente controsoffittate, dovrebbero accogliere un impianto di condizionamento. Non si comprende con quale criterio sia stato autorizzato questo intervento! L’opera fu a suo tempo espressamente segnalata da Giorgio Muratore alla Soprintendenza. Ma l’organo di tutela, come spesso accade per le architetture più recenti, non dette riscontri di sorta. Il Comune, per cautelarsi, aveva chiesto il parere sull’intervento all’organo di tutela, non considerando che la chiesa, realizzata nel 1953, non aveva maturato ancora i 70 anni previsti dal Codice dei beni culturali e paesaggistici. Grazie a questa norma, vigente dal 2011 per le opere di proprietà pubblica, la chiesa era uscita dal regime di tutela “ipso iure” vigente in precedenza, quando il blocco temporale era ancora di 50 anni. Ma la Soprintendenza ha ritenuto che il richiesto parere rientrasse nelle proprie competenze. E, pur non essendovi tenuta, ha autorizzato l’intervento, senza neppure verificare l’impatto delle nuove opere. Insomma, un’assurda commedia degli equivoci in cui Comune e Soprintendenza hanno, di fatto, determinato le condizioni per lo snaturamento di uno spazio rigoroso, che traduce in chiave moderna la tradizione basilicale cristiana conservandone l’essenzialità, espressa attraverso il concatenamento delle strutture e i materiali costruttivi a faccia vista. La nuda religiosità della chiesa paleocristiana, caratterizzata da piani giustapposti organizzati prospetticamente, rivive a Terni nel racconto di un’architettura solenne, in cui sono riproposte in chiave moderna le ampie superfici con strette aperture verticali e orizzontali e i setti in calcestruzzo, che mediano dal punto di vista strutturale e architettonico il passaggio tra le più basse e luminose navate laterali e l’alta e ombrosa spazialità della navata centrale.

Non è la prima volta che interventi sconsiderati sono realizzati nell’assoluta indifferenza – dovuta anche all’ignoranza – per i caratteri di opere che, anche a pochi anni dalla realizzazione, sono note e celebrate dalla critica di settore.

Ma il danno provocato dalle amministrazioni territoriali potrebbe non finire qui. Se l’intervento sarà realizzato, il risultato potrebbe addirittura ostacolare un’iniziativa, sia pure tardiva, di tutela. Significativa, al riguardo, la vicenda che ha interessato la Fabbrica Olivetti realizzata a Pozzuoli da Luigi Cosenza, a partire dal 1954, con aggiunte di ulteriori padiglioni fino agli anni ‘70. Al provvedimento di tutela emesso dalla locale Soprintendenza nel 2005, la Società Pirelli & C. Real Estate S.p.A., proprietaria del complesso, oppose ricorso. Il risultato fu che il vincolo ministeriale fu limitato alle sole facciate esterne dei padiglioni, perché il provvedimento, secondo i giudici, avrebbe comportato una «inutile lesione del diritto di proprietà derivante dall’aver voluto vincolare anche l’aspetto distributivo interno, che non è più quello originario». Tuttavia, le strutture interne, incentrate dal pilastro cavo centrale, erano state solo occultate da strutture sovrapposte o affiancate, non irreversibilmente distrutte. E non può negarsi un provvedimento di tutela solo perché le strutture originarie “non si vedono più”, nello stesso modo in cui un sito archeologico, una volta rilevato, si ricopre per assicurarne la protezione. Ma non se ne revoca il vincolo solo perché non è più visibile.

Ecco: l’intervento autorizzato nella chiesa di Nicolosi potrebbe, un domani, indurre un giudice a negare un provvedimento di tutela, magari  volto al ripristino della spazialità interna, perché «l’aspetto distributivo… non è più quello originario».

Autore

  • Ugo Carughi

    Nato a Napoli (1948), vi si laurea in Architettura nel 1973. Direttore presso la Soprintendenza BAP di Napoli e provincia dal 1979 al 2013 e Soprintendente reggente nel 2000. Componente del comitato tecnico per il Piano nazionale per gli archivi e l’architettura del Novecento del MiBACT (2001-2013). Membro del comitato scientifico dell’Associazione Dimore Storiche – Campania. Presidente di Do.Co.Mo.Mo. Italia ONLUS. Autore di numerosi restauri e di allestimenti di mostre di architettura e arte. Premio ex-aequo al concorso per progetti pilota per la conservazione dei monumenti tra Paesi membri CEE con il progetto per la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli (1988). Dal 1996, docenze a contratto presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, la Seconda Università degli studi di Napoli, l’Università degli studi della Basilicata e l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa. Tra le principali pubblicazioni recenti: "L’area metropolitana di Napoli. 50 anni di sogni utopie realtà" (curatela con M. Visone; Napoli 2010); "Maledetti vincoli. La tutela dell’architettura contemporanea", Torino 2012; “Time Frames: Conservation Policies for Twentieth-Century Architectural Heritage (curatela con M. Visone; Londra-New York 2017)