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Ugo CarughiWritten by: Forum Patrimonio

Usiamo il concetto di patrimonio seriale per tutelare l’architettura del ‘900

Una riflessione del presidente di DOCOMOMO Italia prendendo ad esempio i progetti e l’opera di Pier Luigi Nervi

 

Fino al secolo scorso le mostre sull’architettura del Novecento erano prevalentemente impostate sui criteri selettivi delle opere. Contesti e processi produttivi facevano parte dello sfondo. Ma il rilievo che lettere, scritti, schizzi e grafici assumono anche nella percezione di un pubblico più vasto è, ormai, crescente. Nella continua evoluzione delle prospettive critiche e, nel caso dell’architettura, di quelle funzionali, i documenti d’archivio vanno considerati come un “capitale consolidato” rispetto al “tasso d’interesse” variabile delle architetture realizzate. Un capitale da utilizzare per avvicinare studi di settore, opinione pubblica e attività di tutela.

Consideriamo, ad esempio, la produzione di Pier Luigi Nervi, ormai celebrata anche per strutture fino a ieri trascurate, come si evince dai contributi e dalle mostre più recenti (l’ultima, “Pier Luigi Nervi. Architetture per lo sport”, al MAXXI di Roma dal 5 febbraio al 2 ottobre; a cura di Micaela Antonucci con Annalisa Trentin e Tomaso Trombetti).

In particolare, strutture ad arco e coperture voltate potrebbero suggerire una strategia di tutela e valorizzazione complessiva seguendo il fil rouge che le collega, a partire dalle irrealizzate aviorimesse di Ciampino (concorso del 1935). Qui l’ingresso dei velivoli era previsto dal lato più lungo, diradando i sostegni della copertura. Questa soluzione-chiave, di matrice compositiva prima che strutturale, fu affinata su luci ancora maggiori nelle prime due aviorimesse di Orvieto (1935-38) e nelle successive a Torre del Lago, Orvieto e Orbetello (1939-42), tutte distrutte dai tedeschi, dove gli archi incrociati poggiavano su una trave di bordo, sostenuta solo agli estremi e in mezzeria per consentire il transito degli aerei.

In assenza dell’opera, le fotografie, i grafici, i modelli di queste strutture documentano un teorema variamente interpretato da Nervi in tutte le successive architetture voltate, realizzate con sistemi progressivamente migliorati e legate l’una all’altra come in un unico racconto. Dai due hangar di Marsala (1938-43), al magazzino della sofisticazione dei sali a Margherita di Savoia (1933-36; 1954-55); dal progetto irrealizzato per la stazione centrale di Palermo (1946), alla piscina dell’Accademia navale di Livorno (1948-50); dai magazzini del sale a Tortona (1949-51), ai capannoni della manifattura tabacchi di Bologna (1951-55).

 

Una delle chiavi di volta di questo teorema è in quell’orizzonte spaziale e strutturale da cui si librano le coperture: una linea continua, rettilinea od ondulata, che disegna il limite tra gravità e leggerezza; tra incombenze funzionali e distributive, risolte al suolo in modo autonomo dalle coperture grazie al diradarsi dei sostegni, e una libera idea di spazio addensato negli intradossi voltati, qualificato dalla trama degli archi e spesso dalla luce naturale.

Ed ecco i capolavori italiani: i saloni B (1947-49) e C (1949-50) di Torino Esposizioni, a proposito dei quali lo stesso Nervi chiama in causa il sistema costruttivo di Tortona; il palazzo dello sport (1958-60) e il palazzetto dello sport (1958-60) a Roma, dove la copertura si arresta a una certa altezza toccando terra solo con i cavalletti inclinati; l’aula delle udienze pontificie in Vaticano (1966-71), dove gli ambienti accessori si prolungano autonomamente, ben oltre le nervature della copertura voltata.

 

È incredibile che, tra le opere citate, quasi nessuna sia tutelata, nonostante il loro interesse certificato dalle iniziative di alcune delle più importanti istituzioni culturali nazionali ed estere, oltre che dall’attività di associazioni quali DOCOMOMO Italia (Associazione italiana per la documentazione e la conservazione degli edifici e dei complessi urbani moderni). Come per caso, risultano vincolati solo i padiglioni di Bologna, nel 2010, e di Margherita di Savoia, nel 2011, mentre è abortito sul nascere l’accertamento d’interesse per il complesso espositivo torinese. Quanti altri casi dovremmo citare, in Italia?

Sulla scorta di tali considerazioni, riteniamo che all’opera di Nervi, come di tanti altri progettisti italiani, potrebbe essere applicato il concetto di “Patrimonio seriale” assunto dall’UNESCO fin dagli anni 80, in cui la qualifica d’eccellenza, solitamente assegnata a un singolo bene, è trasferita a una “serie” definita da aspetti comuni.

Lo segnaliamo anche in vista di un auspicabile aggiornamento della legislazione italiana di tutela. Fatti salvi gli innumerevoli fattori di diversificazione tra un’opera e l’altra, il riconoscimento seriale, con prescrizioni su valori ricorrenti, potrebbe essere richiamato nelle singole “dichiarazioni d’interesse culturale”. Si inaugurerebbe, così, una sorta di “tutela a rete”.

Il patrimonio architettonico nazionale non sarebbe più percepito, anche all’estero, in modo episodico attraverso singole opere ma mediante strutture contestuali di edifici e di siti; l’azione di tutela sarebbe condotta dagli uffici territoriali del Ministero adottando criteri coordinati che ne mitigherebbero la discrezionalità; gli stessi organi giurisdizionali impegnati nei contenziosi potrebbero avvalersi di riferimenti più affidabili.

Autore

  • Ugo Carughi

    Nato a Napoli (1948), vi si laurea in Architettura nel 1973. Direttore presso la Soprintendenza BAP di Napoli e provincia dal 1979 al 2013 e Soprintendente reggente nel 2000. Componente del comitato tecnico per il Piano nazionale per gli archivi e l’architettura del Novecento del MiBACT (2001-2013). Membro del comitato scientifico dell’Associazione Dimore Storiche - Campania. Past-President e responsabile del settore editoriale di Do.Co.Mo.Mo. Italia ONLUS. Membro dell’ICOMOS Italian National Council. Autore di numerosi restauri e di allestimenti di mostre di architettura e arte. Premio ex-aequo al concorso per progetti pilota per la conservazione dei monumenti tra Paesi membri CEE con il progetto per la chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli (1988). Dal 1996, docenze a contratto presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, l’Università della Campania Luigi Vanvitelli, l’Università degli studi della Basilicata e l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa. Componente gruppo di redazione del Piano di Conservazione dello stadio Flaminio in Roma, per conto della Getty Foundation (Keeping it modern architectural conservation grants 2017). Componente gruppo di redazione dell’Atlante architettura contemporanea (Do.Co.Mo.Mo. Italia e Sapienza Università di Roma per MiC). Tra le principali pubblicazioni recenti: “L’area metropolitana di Napoli. 50 anni di sogni utopie realtà” (curatela con M. Visone; Napoli 2010); “Maledetti vincoli. La tutela dell’architettura contemporanea”, Torino 2012; “Time Frames: Conservation Policies for Twentieth-Century Architectural Heritage (curatela con M. Visone; Londra-New York 2017)

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Last modified: 16 Febbraio 2016